L'ANALISI
09 Ottobre 2024 - 18:46
CASALMAGGIORE - Chiusura della storica unità produttiva di via Roma con ‘concentrazione’ delle attività casalasche nello stabilimento esistente in via Vanoni e posto di lavoro ‘a rischio’ per 53 dipendenti, a meno che una gran parte di essi non decida di trasferirsi a Pordenone. Per la Nidec di Casalmaggiore, periodicamente oggetto di cambiamenti, si prepara un periodo travagliato e pieno di preoccupazioni. Nuove nubi all’orizzonte, dopo quelle già viste in passato. Ne danno conferma i sindacalisti che si occupano dell’azienda Luca Bonali della Fim-Cisl e Marco Cagnati della Fiom-Cgil. Che hanno già detto che faranno ogni sforzo perché nessuno venga «lasciato indietro». La tensione del momento si avverte, il mondo sindacale segue passo dopo passo ogni sviluppo.
«Ad oggi – spiega Bonali – l’azienda non ha aperto ancora una procedura ufficiale. Ieri abbiamo incontrato i suoi rappresentanti e ci hanno spiegato che l’intenzione è quella di introdurre delle modifiche per attuare una ottimizzazione delle linee produttive. In particolare, il settore food, quello che produce le parti per i forni industriali, verrebbe spostato a Pordenone, entro la fine di dicembre. I 40 dipendenti che stanno lavorando in quel comparto avrebbero la possibilità di trasferirsi là, ma è evidente che si tratta di una ipotesi non percorribile per la stragrande maggioranza». A quanto pare qualcuno si sarebbe anche detto disponibile a spostarsi, ma chi ha legami e famiglia a Casalmaggiore o dintorni ben difficilmente potrebbe decidere di andare in Friuli Venezia Giulia.
«L’intenzione – prosegue Bonali – è quella di concentrare le attività in via Vanoni, con le linee commerciale, industriale e militare, con una trentina di dipendenti. Va detto che il trasferimento era nell’aria da tempo». Sono in effetti ormai anni che l’insediamento di via Roma, quello che tutti chiamano ancora il ‘Fabbricone’, nonostante le trasformazioni decennali, è considerato a rischio di chiusura, anche perché abbastanza infelice dal punto di vista logistico e della movimentazione dei materiali. «Martedì 22 ottobre – prosegue Bonali – conosceremo meglio i dettagli e ci auguriamo di poter aprire una trattativa. Non lasceremo nulla di intentato a tutela dei lavoratori e delle loro famiglie. Vedremo se sarà possibile ridurre l’impatto di questi cambiamenti, valutare delle uscite dal lavoro, ottenere degli incentivi». Sarà necessario, dunque, aprire una complessa trattativa con la direzione aziendale.
Cagnati non nasconde i timori: «Qui stiamo parlando di 53 posti di lavoro a rischio, perché è vero che ci sono i 40 della linea food trasferita a Pordenone, ma si parla anche di 13 licenziamenti per l’unità di via Vanoni. A quanto risulta c’è un cliente molto vicino ad acquistare una parte della produzione, ma ci sarebbe un costo in termini occupazionali. Perdere l’occupazione per noi non è assolutamente accettabile. Ben difficilmente qualcuno accetterà uno spostamento così impegnativo. Ci auguriamo che la situazione sia recuperabile. Se sarà necessario coinvolgeremo altre aziende e i cittadini e speriamo che anche l’ente locale ci dia una mano. Deve essere trovata una soluzione che azzeri la possibilità della disoccupazione. Nessuno deve essere lasciato indietro. Noi ci impegneremo in tal senso».
Intanto, anche il mondo amministrativo inizia a muoversi. Luciano Toscani, consigliere di minoranza e capogruppo di ‘Casalmaggiore la tua Città’, afferma: «Desidero esprimere la preoccupazione mia e del mio gruppo, la nostra vicinanza ai lavoratori e la nostra disponibilità se c’è da aprire una trattativa con l’azienda». Anche Annamaria Piccinelli del Movimento Vivace e Sostenibile ha preso posizione: «Qualche decina di addetti in grave difficoltà». E riferisce di una conversazione da cui traspare tutta la difficoltà del momento: «Siamo molte donne tra i 40 e i 50 anni, non so come potremo ricollocarci». Queste le parole di una donna in lacrime, stamattina al telefono. Occorre la collaborazione di tutti, specie delle istituzioni per arginare questa situazione. Noi ci siamo».
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