L'ANALISI
30 Settembre 2024 - 05:00
Alcuni capi da sfilata della creatrice Itunu Abosede Fapohunda (nel riquadro), per tutti ‘Izzy’, come il nome del suo marchio
CREMONA - Itunu Abosede Fapohunda, per tutti semplicemente ‘Izzy’. Faccia tosta, carattere determinato, proprietà di linguaggio importante. Alle spalle la spinge la carica nigeriana, ma di fatto è cremonese a tutti gli effetti. Le piace il riso Jollof, ma anche i marubini. Insomma è un esempio di perfetta integrazione. Una fusion che come quasi sempre accade ha dato libero sfogo a una genialità spiccata. E Izzy la sua creatività l’ha messa nella moda, sgomitando in un mondo complicato, ma che ama in modo viscerale. Lei disegna i suoi vestiti e li cuce. E il dietro le quinte, è un minuzioso lavoro di ricerca di materiali, di colore, di concetto.
Si divide tra un lavoro ‘normale’ e questa passione che nella settimana della moda milanese l’ha portata a esporre le proprie opere (marchiate Izzy’s Choices) alla Milano Fashion Week di Cislago. Una passione e un talento che affondano le proprie radici in un passato lontanissimo. «Mia nonna era sarta, mia mamma è sarta, io sono cresciuta nel negozio di famiglia. Da piccolina guardavo, toccavo tutto, mi piaceva il profumo e amavo i colori dei tessuti. Ho imparato in fretta e con il passare del tempo ho iniziato a sperimentare». Come sempre è stata una partenza quasi casuale.
«Sono nata a Lagos, in Nigeria, e da piccolissima sono venuta a vivere a Cremona e poi mi sono trasferita a Brescia. Attorno al Duemila ho iniziato la mia ‘produzione’. Sono partita facendomi i pantaloni e sfruttando quello che è il mio stile, ovvero mettendo insieme la cultura africana e quella europea cercando di creare quella commistione di stili da rendere unico ogni capo. Le mie amiche sono state le prime ‘clienti’. Volevano i pantaloni come i miei. Lì ho capito che la mia idea poteva essere bella anche per gli altri. Ho fatto concorsi, piccoli progetti. La prima sfilata è arrivata nel 2015 a Verona e da lì le cose sono cambiate. In che senso? Nel senso che i miei vestiti hanno colpito un’imprenditrice che ha voluto a tutti i costi che portassi le creazioni in un locale (il Piper) molto alla moda di Verona per uno shooting fotografico. Ho partecipato e vinto il concorso Little Dresses For Africa. Con altri creator ho messo in mostra i miei vestiti al Salone del Mobile in un vernissage. È stata un’esperienza bellissima perché si è trattato di una sorta di percorso sensoriale dove i tessuti, i colori e i materiali si fondevano in una sorta di esperienza a 360 gradi».
Po il ritorno a Cremona. «Sono tornata qui a vivere, mi sono sposata con Andrea ma ho continuato a coltivare la mia passione. Ho esposto al Vanitas e a un evento pubblico per giovani africani di seconda generazione. Nel 2019 sono stata alla fiera ‘Gusti di Frontiera’ a Gorizia. Un posto dove si possono assaggiare piatti da tutto il mondo. Mancava una sezione dedicata all’Africa e quindi mi sono dedicata al progetto. È nata una strada dedicata ai piatti africani e alla cultura africana con statue e oggetti tipici. In questo contesto ho avuto modo di fare una sfilata con i capi della mia collezione. Un contesto che ha fatto immediatamente aumentare la mia visibilità. Mi sono arrivate tantissime richieste per abiti su misura».
Dietro a ogni sfilata c’è un concetto preciso: «Nelle mie ultime creazioni ho voluto dare sfogo all’idea della donna nel contesto del mondo circostante. Sono partita da abiti tradizionali nigeriani fino ad arrivare a vestiti totalmente bianchi macchiati di colori scuri a simboleggiare l’idea di assorbimento dell’anima di nuove idee ed esperienze». Ma quali sono i sogni? «Continuare a creare, aprire magari un negozio (anche online) dove vendere al pubblico di larga scala i miei capi raggiungere sempre più persone. Vorrei che la gente avesse consapevolezza di quello che indossa cercando di capire quali tessuti sono più adatti e che la moda usa e getta crea solamente sprechi e inquinamento. Una moda consapevole».
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