L'ANALISI
11 Agosto 2024 - 10:38
Paolo Gualandris, Roberto Galletti e Pietro Bussolati sul palco
CREMONA - «Dovremmo toglierci dalla testa l’espressione ‘è inevitabile’, nulla lo è. Arrendersi all’idea di mitigare qualcosa di già scritto è fare il gioco di chi offre soluzioni semplicistiche, di chi individua capri espiatori». Ha le idee chiare il consigliere regionale del Partito democratico Pietro Bussolati, protagonista della seconda serata della Festa dell’Unità di Cremona.
Dopo l’introduzione del segretario cittadino Roberto Galletti, il politico dem, già membro della segreteria nazionale, ha dialogato con il direttore del quotidiano La Provincia Paolo Gualandris a partire dal libro ‘La quarta via’ recentemente pubblicato insieme a Lia Quartapelle, Filippo Sensi e Diego Castagno.
«Abbiamo voluto realizzare questo instant book in seguito alla vittoria dei laburisti in Gran Bretagna dopo 14 anni di governi conservatori. Quel che ci ha mosso non è stato un innamoramento per i successi altrui e nemmeno il tentativo di stabilire dei paragoni sterili, quanto piuttosto la volontà di guardare alle nuove sfide che un partito socialdemocratico vincente pone alle sinistre nel mondo. Uno di questi è senza dubbio il tema dello Stato: per anni ci siamo raccontati la favola, e l’abbiamo raccontata agli elettori, che andasse liberalizzato tutto, che il pubblico dovesse cedere il passo al privato e che ‘stato’ non rappresentava altro che il participio passato del verbo essere. Ora invece il labour torna al governo rifondando un grande protagonismo del pubblico: non come fonte di mero assistenzialismo ma come primo investitore che guida la ripresa economica di un territorio».
IL DIBATTITO SULLA POLITICA ITALIANA
Pur nel caldo torrido della serata sul lungo fiume il pubblico ha seguito interessato il dibattito che dai riferimenti alla politica estera, passando per alcune incursioni sulla situazione geopolitica (dalla Russia alla Palestina), si è concentrato in particolare sulle sorti della politica italiana. «Quel che hanno in Inghilterra e manca qui da noi sono delle fondazioni che si occupino di produrre pensiero politico: professori che si mettono a disposizione per definire una visione del mondo, una posizione rispetto agli assetti globali che cambiano, un programma politico chiaro ed efficace. Invece mi pare che troppo spesso qui da noi si invertano i processi: prendiamo il caso dei congressi di partito ad esempio, che dovrebbero servire a definire una linea politica — oltre che una leadership — in vista delle elezioni. In Italia abbiamo invece la brutta abitudine di dilazionare questi momenti a dopo la tornata elettorale, come regolamenti di conti. Allo stesso modo il labour insegna che si fa politica per governare, mentre in Italia abbiamo un grande problema di disancoraggio dalla realtà delle persone: quando si prescinde da tutto, anche dal consenso, pur di stare al governo il politico diventa un tecnico nel cui lessico l’espressione ‘è inevitabile’ diventa all’ordine del giorno e prevale la logica della convenienza».
LA LEZIONE DEL LABOUR: POLITICA PER GOVERNARE
Tra i tanti stimoli lanciati al pubblico e le riflessioni critiche di Bussolati non sono mancate le provocazioni che hanno saputo cogliere nel segno, come nel caso della transizione ecologica: «Il labour ha vinto anche con un approccio meno ideologico, ad esempio scrivendo a chiare lettere che ‘Per le nostre politiche ambientali non dovrete cambiare il vostro boiler’».
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