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IL PUNTO

Velasco, Desalu e i pantaloni del generale

La lezione dell'autentico guru della pallavolo mondiale, la rinascita del nostro Eseosa sulla lunghezza doppia e il cattivo gusto di Vannacci pronto a calarsi le brache e mostrare gli attributi in tv: gli insegnamenti extra sportivi delle Olimpiadi

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

11 Agosto 2024 - 05:00

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«Ci dobbiamo divertire e dobbiamo smetterla con questa storia dell’oro della pallavolo che manca, perché non se ne può più. Lo dico anche in difesa della squadra maschile. La pallavolo italiana, e secondo me anche il giornalismo, devono smettere di parlarne. È chiaro che è uno sport un po’ italiano quello di guardare sempre quello che manca, l’erba del vicino che è più verde, che gli altri sono più bravi, hanno questo e quello. Fa male alle squadre nazionali, fa male alla Federazione, fa male a tutti: è una filosofia di vita negativa, che non va. L’oro olimpico quando arriverà arriverà, non deve essere l’obiettivo perché ci sono tante squadre forti. Si può vincere, si può perdere, l’importante è riuscire a dare il massimo, che i nervi non ci tradiscano e quando si dà tanta responsabilità alla squadra maschile è quello che succede. Godiamoci il fatto che le nazionali italiani femminili, maschili, juniores, sono sempre al primo livello e abbiamo una delle Federazioni più importanti del mondo. Guardiamo ciò che abbiamo, non sempre quello che ci manca».

Questa di Julio Velasco, 72enne autentico guru della pallavolo mondiale e quotatissimo motivatore, è una delle grandi lezioni arrivate dalle Olimpiadi di Parigi che esulano dal campo prettamente sportivo per approdare direttamente nelle riflessioni di vita di ognuno di noi. Certo, lui la nazionale femminile l’ha portata alla finalissima, un risultato storico, forse perché oltre che alla dedizione totale, ha sempre invitato le sue ragazze anche a essere gruppo e soprattutto divertirsi giocando. Un po’ come accade al nostro, nel senso che è casalese, Eseosa Desalu, Faustino per tutti noi che lo abbiamo seguito con affetto.

Dopo l’oro olimpico di Tokyo nella staffetta maschile 4 per 100, ha vissuto un periodo di appannamento, tanto che più d’uno lo ha considerato finito, alla canna del gas. È rinato sulla lunghezza doppia, arrivando sei centesimi di secondo, dalla finale. Meno dello spazio di un battito di ciglia. È comunque il nono uomo più veloce del mondo nella specialità. «Ce l’ho messa tutta, brucia essere il primo degli esclusi - è stato il suo commento -, ma dieci anni fa nessuno avrebbe mai detto che sarei arrivato a un passo dalla finale. Per questa volta va bene così».

Va davvero bene così. Richiamato al suo primo amore, la staffetta, ha poi contribuito a farla approdare in finale, nell’Olimpo degli uomini razzo. L’amarezza per l’esclusione dal quartetto che si è giocato il podio non cancella l’importanza dell’apporto alla causa azzurra. Risultati figli dell’impegno e della voglia di non mollare, alla faccia degli scettici, e tornando alle parole di Velasco, della riflessione che «si può vincere, si può perdere, l’importante è riuscire a dare il massimo, che i nervi non ci tradiscano».

Nervi che non hanno tradito la giovane nuotatrice Benedetta Pilato: dopo il quarto posto nei 100 rana, a un solo centesimo dal bronzo, dopo un attimo di rimpianto per il podio mancato, ha pianto dalla gioia per «un risultato che mi dà tanta sicurezza e che sarà un tassello importante per la mia crescita».

Nervi che invece hanno decisamente tradito l’ex fiorettista Elisa Di Francisca. In diretta tv , commentando le contrastanti emozioni della nuotatrice ha detto «Non ho capito, c’è o ci fa?». Salvo poi scusarsi privatamente con la diretta interessata. Di Francisca è stata atleta di valore mondiale, ma per lei sarebbero consigliabili quattro chiacchiere con Velasco.

Pilato «ci ha insegnato che si può essere felici anche senza essere i primi. Che davanti a una sconfitta si può arrabbiarsi con le due ‘z’, oppure guardare il percorso fatto fino a quel momento che ti ha permesso di essere lì - ha commentato Sandro Marenco, docente all’Itis Volta di Alessandria e notissimo tiktoker spiegando di volerle assegnare la prima Medaglia ad honorem della Scuola, che ha chiesto di creare al ministro Giuseppe Valditara -. Noi crediamo che la scuola abbia il dovere di insegnare ai giovani a vincere, ma anche a saper perdere. Tante persone per l’ansia da prestazione, la paura di sbagliare, abbandonano la scuola. Potrebbe quindi essere una medaglia contro la dispersione».

Ma anche contro il bullismo, perché tanti ragazzi non accettano di non vincere, di non riuscire, perché non hanno gli strumenti. A proposito di bullismo, come altro si potrebbe definire la furiosa tempesta sportiva e mediatica, che una arguta regia russa ha abbattuto sulla pugile algerina Imane Khelif e che tanti danni ha fatto, soprattutto in Italia? La 25enne di Tiaret era stata travolta dalle fake news riguardanti la sua condizione. Svariati media l’avevano dipinta come atleta transessuale, quando in realtà Khelif è geneticamente e biologicamente donna, seppur con un’eccessiva produzione di testosterone. Il match contro Angela Carini, terminato dopo soli 46 secondi per il ritiro dell’azzurra dopo un colpo al naso, aveva rinfocolato le polemiche. Lo stesso scenario si era verificato contro l’ungherese Hamori, poi ammonita dal Cio.

Nonostante questo clima Imane è riuscita a coronare il sogno olimpico mettendosi al collo la medaglia d’oro ed è diventata l’eroina nazionale di un Paese in cui concetti come omosessualità, diritti civili, comunità Lgbt e cambio di sesso sono considerati figli del diavolo e per ben che vada portano dritto in galera chi osa farne cenno.

Analoga la situazione della taiwanese Lin Yu Ting, la pugile che insieme a Imane Khelif è stata al centro delle polemiche sul genere, contro la quale la turca Esra Yildiz Kahraman ha fatto il gesto X con le dita a indicare i cromosomi femminili. Gesto che aveva fatto anche l’ungherese Luica Anna Hamori dopo aver perso con Khelif. Contro questi atteggiamenti si è scatenata la giusta reazione di molti campioni ‘sani’. Per tutti valgono le parole di Emanuela Pierantozzi, judoka plurimedagliata mondiale e olimpica alla vigilia della finalissima dell’algerina: «Prima di tutto a Imane il mio grande in bocca al lupo per questa Olimpiade: che possa conquistare il risultato per cui tanto ha lavorato! E comunque godersi questi Giochi che si è guadagnata con sudore. Dopo queste polemiche italiane, ha la mia massima stima e vicinanza. Come si fa a non avere rispetto per un’avversaria? Lo Sport insegna prima di tutto il rispetto».

Una lezione di stile e di valori che umilia reazione grottesche e folcloristiche come quelle del generale ed eurodeputato leghista Roberto Vanacci, che tuonando contro le due pugili, si e dichiarato disposto perfino «a dare prova visiva per dimostrare il mio genere», insomma a calarsi le brache e mostrare gli attributi in tv. Lui, snobbando ogni evidenza scientifica per piegarsi alla logica delle fake news, sì che ha vinto una medaglia d’oro: quella del cattivo gusto.

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