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CREMONA. DAL GUP

Il caso Giovannini: «Dai gelati alla bancarotta»

Avrebbe distratto 2,1 milioni di euro, nell’80% ottenuti per la startup che produceva un’innovativa gelatiera

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

24 Luglio 2024 - 20:27

Il caso Giovannini: «Dai gelati alla bancarotta»

CREMONA - Maggio del 2016. Nel video su youtube e rilanciato su Facebook, si presenta elegante in abito blu con panciotto e con una coppa di gelato in mano: «Sono Alberto Giovannini, da oggi Alberto Gelato. Oggi avete finalmente la possibilità di assaggiare il gelato originale italiano mentre viene preparato davanti ai vostri occhi». E ancora: «Noi ti forniamo il prodotto, i macchinari, l’assistenza. Tu prepari il tuo gelato fresco, delizioso, raffinato, di fronte al tuo cliente, ovunque tu voglia. Un vero lusso!». Dal ‘lusso’ agli arresti domiciliari nella casa di Orzinuovi (Brescia).

Giovannini, 57 anni, c’è da metà marzo scorso (il Tribunale del Riesame ha confermato la misura), accusato di bancarotta fraudolenta della Argonice Srl, società che aveva sede in via del Sale e di cui è stato, sin dalla costituzione, socio e amministratore unico, poi amministratore di fatto. Società dichiarata fallita il 29 giugno del 2022. E per l’accusa, svuotata in danno dei creditori: dalle casse, infatti, sarebbero stati distratti 2,182 milioni di euro. Nell’80% si tratta di cospicui finanziamenti ottenuti da quattro banche e garantiti dal Mediocredito centrale per la startup che produceva e commercializzava gelati con una macchina innovativa. Il brand Alberto Gelato stampato sopra e lo spot social: «Alberto Gelato è una formula esclusiva, un mix di ingredienti liquidi, fornito in uno degli oltre 50 gusti disponibili, già pronto all’uso». Una macchina che in quegli anni l’imprenditore ha portato in giro per il mondo: dall’Expo di Londra del 17-19 luglio del 2016 al Gran Premio di Formula 1 a Monaco, dal Belgio in un salone dell’Alfa Romeo, alla Francia (in una risotteria) a Chicago.

Non c’è solo l’accusa di bancarotta fraudolenta. Giovannini deve rispondere anche di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e di indebita percezione di erogazioni pubbliche.
Oggi si è tenuta l’udienza preliminare, subito rinviata all’11 settembre prossimo per un vizio di notifica dell’avviso di conclusioni indagini ad uno dei coimputati di Giovannini. Si tratta di un architetto di Cremona, 53 anni, ex socio della Argonice (è difeso dall’avvocato Agostino Crosti di Milano). Sotto accusa anche la moglie di Giovannini, ufficialmente irreperibile (la coppia è difesa dall’avvocato Franco Antonioli) e altri due ex soci dell’imprenditore, un cremonese di 38 anni (assistito dagli avvocati Massimo Nicoli e Gianandrea Balzarini) e un imputato residente ad Alessandria, la presunta «testa di legno».

Secondo l’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dal pm Andrea Figoni, dal 2017 al 2019, Giovannini avrebbe ottenuto da quattro istituti di credito cospicui finanziamenti (mutui assistiti) coperti da garanzie statali, presentando dichiarazioni false. Ad esempio relative alle spese in ricerca e sviluppo della Argonice. E ancora, dichiarando falsamente che con i soldi avrebbe pagato i fornitori.

Le Fiamme gialle hanno scoperto che dalle casse della Argonice, 1 milione e 873mila euro sarebbero stati trasferiti a un’altra società: la EV04, srl di cui Giovannini è stato amministratore unico da febbraio del 2009 a metà dicembre del 2021. Secondo l’accusa, una parte del denaro sarebbe invece stata distratta in favore dello stesso Giovannini e degli altri ex soci.
Il pm contesta all’imprenditore e all’imputato di Alessandria, amministratore unico della società dal 20 febbraio 2020 al fallimento, di aver distrutto, sottratto i libri e le scritture contabili o di averli comunque tenuti in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. Il pm contesta agli imputati gli aumenti «fittizi» di capitale con il versamento di assegni, la cui provvista sarebbe provenuta dalle casse della fallita Argonice.

L’indagine ha preso le mosse anche dalla denuncia presentata alla Guardia di Finanza da marito e moglie cremonesi, i quali, fidandosi di Giovannini, gli avevano consegnato circa 40mila euro di risparmi. In cambio, la promessa di facili guadagni legati al prestito obbligazionario sottoscritto dalla coppia. Marito e moglie avevano ricevuto le prime cedole di rimborso, ma la magagna è venuta a galla quando hanno chiesto di rientrare dal prestito, incassando da Giovannini solo vaghe promesse sulla restituzione del prestito. La coppia non ha più visto un centesimo. E ha denunciato ‘Alberto Gelato’.

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