L'ANALISI
23 Luglio 2024 - 16:36
MILANO - Giovedì 25 gennaio 2018: il regionale 10452 partito alle 5.32 da Cremona per Milano, via Treviglio, alle 7 deraglia a Pioltello. Il bilancio è pesantissimo: muoiono la cremasca Alessandra Giuseppina Pirri, 39 anni, impiegata; Ida Maddalena Milanesi, 61 anni, radioneurologa all’Istituto Besta, e Pierangela Tadini, 51 anni, di Caravaggio. I feriti sono oltre 200.
Nel processo per disastro ferroviario colposo, omicidio colposo, lesioni colpose e ‘omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro’, oggi i pm di Milano Maura Ripamonti e Leonardo Lesti, hanno chiesto una condanna a 8 anni e 4 mesi di reclusione per l’ex ad di Rete ferroviaria italiana Maurizio Gentile, per l’ex direttore della Produzione di Rfi, Umberto Lebruto, hanno chiesto 8 anni e 4 mesi di reclusione, per Vincenzo Macello 7 anni e 10 mesi, per Andrea Guerini 6 anni e 10 mesi e per Marco Albanesi 6 anni e 10 mesi.
Chiesta invece l’assoluzione per Moreno Bucciantini e per Ivo Rebai «perché il fatto non sussiste» e per Marco Gallini «per non aver commesso il fatto». Infine, è stata chiesta anche la condanna di Rfi a 900mila euro di sanzione pecuniaria.
Disporre un rallentamento su quel tratto «era l’unica cosa che, esclusa la sostituzione del giunto, avrebbe potuto prevenire con certezza l’incidente», ha detto il pm Ripamonti nella sua lunga requisitoria iniziata all’udienza scorsa. «Se un treno deraglia non a 140 chilometri all’ora, ma a 50, allora quasi sicuramente non muore nessuno».
In un altro passaggio, è poi stato sottolineato che «non potendo sostituire tutti i giunti, si finisce per accettare il rischio che qualche giunto si rompa. O si interviene tempestivamente in continuazione oppure ogni tanto qualcosa si rompe. Intervenire ogni tanto costa meno».
Il deragliamento, stando alle indagini, avvenne infatti a causa della rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri nel cosiddetto «punto zero» sopra un giunto in pessime condizioni. Per la procura quello di Pioltello fu un incidente causato da una lunga serie di «omissioni» nella «manutenzione» e nella «sicurezza», messe in atto solo per risparmiare. «É la società stessa ad accertare il rischio di rottura dei giunti delle rete. Questo rappresenta una grave scorrettezza nei confronti dello Stato che versa milioni di euro per la manutenzione», ma anche una «grave slealtà nei confronti dei lavoratori dell’impresa che viaggiano tutti i giorni e che non hanno alcuna conoscenza e coscienza di ciò che riguarda la manutenzione».
Allo stesso modo, per la procura si è trattato di una «grave slealtà nei confronti dei passeggeri che ogni giorno viaggiano sul treno».
La pm Ripamonti ha concluso che il «90 per cento dei passeggeri di quel giorno, ed erano 250 in tutto, era composto da gente che prendeva il treno alle 5.30 del mattino per andare a lavorare, così come qualche studente. Sono tutte persone che viaggiano tranquille e che sono convinte che il treno sia sicuro».
Si tornerà in aula il prossimo 24 settembre, quando concluderanno la discussione gli avvocati di parte civile e prenderanno la parola i primi difensori.
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