L'ANALISI
11 Luglio 2024 - 20:54
CREMONA - «È un po’ come fosse il primo giorno di scuola» dice qualcuno. E l’emozione della prima seduta del nuovo Consiglio comunale è proprio quella: ci sono i sorrisi e le presentazioni, ci sono gli accompagnatori che formano una folta platea di spettatori della prima riunione dell’assemblea dei cittadini, c’è il caldo torrido mitigato solo parzialmente da qualche ventilatore disseminato qui e là (proprio come, drammaticamente, in molte delle nostre scuole) e c’è soprattutto tanta emozione tra i convenuti consiglieri. Tra presentazioni, abbracci e pacche sulle spalle il consiglio comincia a prendere forma: maggioranza e opposizione si dispongono tra i banchi e la giunta siede (con l’eccezione dell’assessore Roberta Mozzi, assente per l’occasione) a fronteggiare l’assemblea.
I sorrisi tra i banchi sono bipartisan e rappresentano un immediato riscontro all’auspicio pronunciato da Roberto Poli che ha aperto i lavori dell’assemblea in quanto consigliere anziano invitando maggioranza e opposizioni a «lasciarsi alle spalle le inevitabili scintille della campagna elettorale e iniziare i lavori della consiliatura in un clima collaborativo e di spirito di servizio per la città». L’atmosfera di fair play è riassunta dal gesto di Maria Vittoria Ceraso che, muovendosi tra i banchi, stringe la mano ad ogni singolo collega con l’augurio di un buon lavoro. A consacrare la metafora scolastica arriva, quando cala il primo momento di silenzio solenne, l’appello dei 33 consiglieri presenti (compreso il sindaco) subito chiamati ad una prima votazione, quella che ratifica l’eleggibilità di primo cittadino e consiglieri. Chiamati ad esprimersi con voto palese dal segretario generale Gabriella di Girolamo la prima votazione del nuovo consiglio scivola via, come da programma, con un’approvazione di rito all’unanimità.
Al secondo punto dell’ordine del giorno c’è il giuramento del sindaco Andrea Virgilio (che per il protocollo resta Leonardo). Il primo cittadino si alza, visibilmente emozionato, cinto dalla fascia tricolore e, dopo una lunga pausa, giura «di osservare lealmente la Costituzione». Altra pausa, poi inizia il vero e proprio da sindaco in cui, fin da subito, è centrale il tema dei giovani: «voglio rivolgere un saluto ai cremonesi di nuova generazione che contribuiscono ad arricchire la vita sociale e civile e un ringraziamento ai consiglieri, in particolare agli under 30 che dovranno aiutarci a guardare la città con i loro occhi e le loro sensibilità». Virgilio prosegue delineando la propria visione di città: «Cremona dovrà sempre più essere una città aperta, aperta ai diritti, all'innovazione, al confronto fra visioni e culture diverse, una città forte dei suoi valori antifascisti, che ha dato il contributo di tante vite alla guerra di Liberazione».
Un progetto per i prossimi cinque anni, quello della nuova giunta, che si muoverà «su un doppio binario: uno di visione prospettica e uno di concretezza, uno rivolto al futuro di Cremona e uno, non meno importante, alla quotidianità del presente». E ancora Virgilio rivolge un pensiero alle vittime della pandemia e a «quell’esercito gentile di sanitari che sono stati in prima linea, insegnandoci che il tema della salute non può e non deve essere collocato in una parentesi temporale, in una delle tante rimozioni che ci colpiscono».
Inaggirabile arriva poi il capitolo dell’astensionismo: il fenomeno ha caratterizzato la tornata elettorale passata al punto che il neosindaco apre il proprio mandato affermando che «dobbiamo essere consapevoli che tanti nostri concittadini non hanno voluto esprimere il loro voto, la maggioranza dei cremonesi al ballottaggio non si è recata alle urne e questo Consiglio comunale, dunque, non è espressione di tutti i cittadini di Cremona, come non lo è il sindaco. Il nostro compito dovrà essere quello di interpretare i bisogni di tutti, farlo nel rispetto dei nostri programmi, farlo nel merito delle questioni, farlo oltrepassando i nostri recinti di autoreferenzialità».
Il discorso di insediamento di Virgilio si chiude con la citazione di alcuni dei temi chiave della campagna elettorale: dal Pnrr, le cui opere sono «servizi ai cremonesi, alle famiglie e ai lavoratori oltre che un’occasione di collaborazione con imprenditori, artigiani, commercianti della città»; fino all’ascolto «delle ragioni degli altri, delle nostre» e alla scelta «perché siamo qui per dare un indirizzo politico, assumendoci la responsabilità di decidere».
La seduta prosegue con l’elezione di presidente e vicepresidente del consiglio comunale. Anche in questo caso l’elezione a voto segreto non riserva sorprese: proprio come si vociferava da qualche giorno dentro e fuori le mura di Palazzo comunale vengono eletti Luciano Pizzetti (presidente con 22 voti) e Jane Alquati (vice, 10 voti). A sorpresa arriva un voto per Riccardo Merli, un gesto simbolico mandato dalla dissidente Paola Tacchini, all’opposizione come unica consigliera della lista 5 stelle - Cremona cambia musica, e «non allineata alla maggioranza ma nemmeno alla minoranza di centrodestra». Infine, con un nuovo voto segreto, sono stati eletti Rosita Viola, Mattia Gervenini, Rosaria Compagnanone quali membri della Commissione elettorale comunale.
In un Consiglio comunale all’insegna della formalità e dei passaggi di consegne spiccano, come momenti più intimamente politici, i discorsi della seconda e della terza carica dell’Assemblea. Lo scrutinio ha sostanzialmente confermato le voci che da qualche giorno circolavano nella politica cremonese, consegnando la presidenza alla maggioranza e il ruolo di vice alla minoranza. Primo a prendere la parola è il neopresidente Luciano Pizzetti che si è concentrato in paricolar modo sulle sfida di riconquistare i cittadini alla politica. «Il Consiglio ha un ruolo d’indirizzo politico amministrativo. Tutti noi siamo chiamati a svolgere con consapevolezza e coscienza questo ruolo e dovremmo predisporci all’ascolto di una comunità sfiduciata e sconfitta».
Una comunità ferita da quel 50% di astenuti, «sintomo di una crescente stanchezza, di non riconoscimento e di una mancanza della fiducia nel nostro ruolo da parte di chi dovremmo rappresentare». La sfida è riguadagnare quella fiducia, contrastando fenomeni «che non dipendono solo da noi, come le povertà che ritornano in tutto l’Occidente». Per farlo la ricetta di Pizzetti è chiara, o meglio, è chiaro quel che va evitato: «le polemiche scatenano fuochi che apparentemente agitano gli animi ma non attraggono partecipazione».
Parole all’indirizzo dell’opposizione che, già prima dell’insediamento della Giunta, ha lanciato alcune stilettate alla nuova amministrazione. Piuttosto Pizzetti che porsi questo ambizioso obiettivo «vuol dire riattivare la politica: l’ascolto è vitale per cambiare e per tornare a coinvolgere, ma non significa assecondare con la piaggeria del populista. È democrazia nella responsabilità, partecipante e decidente». E poi Pizzetti cita alcuni punti programmatici, alcune posture verrebbe da dire, per i prossimi cinque anni di governo della città, di quell’amministrazione fatta dalla collaborazione attiva di maggioranza e opposizione: «Divisi non avremo grande ascolto, né a Roma, né a Milano. Perciò l’opposizione è in qualche modo governante, e la maggioranza deve sentire il dovere della non autosufficienza».
L’elenco delle priorità inizia dal «contrasto dell’inverno demografico e miglioramento della qualità ambientale e sanitaria» e prosegue con le potenzialità del territorio da sviluppare: «università, polo tecnologico, liuteria e musica, un sistema produttivo industriale e agroalimentare di prim’ordine, raddoppio ferroviario, potenziamento delle infrastrutture di collegamento viario, nuovo ospedale, messa a terra dei fondi Pnrr e potenziamento della Fiera». Pizzetti chiude il proprio ampio discorso citando «una personalità politica a me cara, Enrico Berlinguer, il quale era solito insistere su un concetto: essere conservatori e rivoluzionari. Una contraddizione evidente, ma solo apparente. Se dovessi dire chi siamo, direi proprio così: orgogliosi di una tradizione, ma costruttori del cambiamento».
La parola passa alla vicepresidente Jane Alquati che esordisce con toni più battaglieri: «Tornare in quest’aula 15 anni dopo è molto emozionante, specialmente considerando che ora sono dall’altra parte della barricata». Alquati cita la vittoria «risicata» della maggioranza e auspica un atteggiamento di «vero ascolto in netta discontinuità con l’atteggiamento a tratti arrogante della passata Giunta». L’ex assessore alle pari opportunità della Lega appare però scettica a partire dalle «nomine della nuova giunta e dalle prime esternazioni di alcuni assessori nel dialogo con le categorie del commercio». Il riferimento è alla polemica montata intorno al Pride e viene accolto tra i borbottii dell’Assemblea. «Mi impegnerò ad essere sentinella in particolare sui temi che mi stanno più a cuore come sicurezza — e a questo punto Alquati si rivolge apertamente all’assessore Santo Canale — e istruzione». Alquati conclude parlando di una Cremona «in affanno su molti fronti», che necessita di un sindaco «di tutti i cittadini» e di un’opposizione che promette «concreta e leale».
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