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LA STORIA

Capriolo nel canale: «Così lo abbiamo salvato»

L’animale era scivolato nel manufatto asciutto: spaventato, non riusciva più a risalire le sponde di cemento. Chiara e il papà si sono mobilitati: «Non potevamo lasciarlo morire. Lo abbiamo portato fuori a braccia»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

15 Maggio 2024 - 05:15

Capriolo nel canale: «Così lo abbiamo salvato»

GERRE DE' CAPRIOLI - Ama gli animali come se fossero suoi figli. Prima del lockdown, con sua sorella salvò un coniglietto. Una volta ha visto un corvo in difficoltà, «Ero in auto, mi sono fermata». Per casa gira Tommy, un coniglietto di 4 anni. Chiara, 33 anni, si commuove quando racconta della femmina di capriolo, 20 chili di peso, che con suo padre ha tirato fuori dal canalone, salvandola. Poteva morirci dentro, perché è già successo che i canaloni si trasformino in trappole. Non tutti i caprioli che scivolano dentro poi riescono a prendere la rincorsa e a darsi la spinta per uscirne.

Tutto ha inizio due domeniche fa. «Avevo visto un capriolo dentro il canalone. Era grosso, con le corna. Ho chiamato il 112, poi mi hanno passato al telefono i vigili del fuoco, i quali mi hanno detto che erano già a conoscenza e che chiamavano chi di competenza. Mi hanno anche detto di aver fatto il mio dovere. Ho atteso quattro ore in auto, per niente: non è arrivato nessuno. Nel mentre — prosegue Chiara —, anche un altro ragazzo aveva mandato una sua amica, dicendole che dentro ce n’erano altri due: quindi in tutto erano tre. Io l’ho saputo il lunedì mattina».

capriolo

Alle 6.15, prima di recarsi al lavoro, Chiara è andata a vedere. «Un capriolo era ancora lì. So anche che la mattina una ragazza aveva chiamato i vigili del fuoco. Le hanno detto che non avrebbero fatto nulla, perché, prima o poi, i caprioli escono da soli dal canalone. Mi dispiace, perché non è sempre così. È vero che mangiano l’erba e lì c’è l’acqua stagnante, ma alcuni non riescono a ‘liberarsi’ e muoiono. Chi di competenza, quando riceve la segnalazione, dovrebbe intervenire, a mio giudizio».

Solo la femmina era rimasta intrappolata nel canalone, nascosta in un angolo. «Ha provato a salire, ma scivolava». Chiara e suo padre sono scesi. «Io l’ho spinta verso il papà. Eravamo come due portieri, uno di fronte all’altro con l’obiettivo che lei prendesse la rincorsa e salisse. Ma era un po’ stanca, è arrivata in braccio al mio papà. Lui la teneva per le zampe, io le ho tenuto la testa. ‘Dai che ce la facciamo’. Era tutta racchiusa in se stessa. Abbiamo camminato circa un minuto a piedi prima di raggiungere la scaletta. Intanto che la portavamo su, lei piangeva e io non ho retto: ho pianto anch’io. Le dicevo: ‘Come faccio a comunicarti che sono qua per aiutarti?’. Usciti dal canalone, l’abbiamo liberata. Chissà se avrà capito che l’abbiamo aiutata». L’avrà capito. Gli animali non dimenticano.

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Commenti all'articolo

  • compianig

    15 Maggio 2024 - 12:44

    Mi chiedo se non si possano progettare i canali in modo che le sponde abbiano alcune piccole sporgenze o altro che possa aiutare gli animali a risalire

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