L'ANALISI
03 Maggio 2024 - 18:01
CREMONA - C’è chi ha scelto l’immagine di un ragazzo accovacciato e partendo da quest’immagine ha riflettuto sul senso dell’amicizia e delle relazioni. C’è chi ha fotografato tulipani dal balcone, chi un campo immerso nella nebbia con un albero solitario. Sono queste alcune delle immagini emotive che gli studenti delle classi 4ª A Man, 4ªC Lsa, 5ª A Aaut, 4ª A Lss, la 4ª B Lsa e la 4ªC Inf del Torriani hanno inviato ad alcuni detenuti di Cà del ferro per poi discutere e confrontarsi sulle emozioni, partendo dalle proprio dalle immagini. Questo il senso del progetto ‘scuola e carcere’ che vuole mettere a confronto due realtà, costruirsi come un’occasione di incontro fra chi è in formazione e chi a una nuova formazione o rieducazione affida la possibilità di rifarsi un futuro. ‘Quando le immagini diventano relazioni’ era il titolo dell’iniziativa didattica che ha voluto mettere a confronto i ragazzi con una realtà spesso e volentieri rimossa, percepita come lontane.
«Gli studenti dovevano presentare una foto che esprimesse un sentimento, uno stato d’animo, un’emozione per tracciare un terreno comune — spiega la referente del progetto Antonella Assandri — attraverso l’umanità dei sentimenti». Ed è stato proprio questo il punto d’incontro tra studenti e ragazzi del carcere che hanno preparato un video sulla loro esperienza formativa all’interno della case circondariale assumendo come simbolo l’antica arte giapponese dello kintsugi, letteralmente ‘riparare con l’oro, termine che indica una tecnica di restauro ideata alla fine del 1400 da ceramisti giapponesi per riparare tazze in ceramica per la cerimonia del tè. Anche dalle storie più difficili, sbriciolate dai casi della vita si può ricostruire la dignità di una persona e progettare un nuovo futuro. Immagini, poesie e video hanno fatto da terreno comune per un dialogo fra gli studenti del Torriani e i detenuti che hanno raccontato come la vita in carcere non sia facile e occasioni di dialogo con l’esterno siano preziose, siano come un dono e un segno di libertà possibile e perseguibile. Ed è con questo spirito del «donarsi reciprocamente qualcosa di positivo — conclude Assandri — che l’esperienza in carcere si connota come un’occasione formativa unica».
E in uno dei testi di riflessione dell’esperienza a Cà del Ferro si legge: «Ciò che mi ha colpito di più è stato il coraggio dei detenuti nel parlare apertamente di sé stessi e dei loro errori. Riconosco la grande forza necessaria per affrontare i propri fallimenti di fronte agli altri, specialmente in una situazione così pubblica. È stato commovente vedere come molti detenuti abbiano fatto un passo avanti nel riconoscere i propri sbagli e abbiano mostrato la determinazione di iniziare una nuova fase della loro vita partendo proprio da lì. Le riflessioni dei detenuti sono state profonde e stimolanti, evidenziando l’importanza di mantenere la propria autenticità, imparare dagli errori e apprezzare appieno il concetto di libertà».
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