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GIORNATA NAZIONALE DEL MADE IN ITALY

«Il nostro marchio top, ce lo invidia il mondo»

Ancorotti: «Superato solo da Coca Cola e Visa. Adesso bisogna valorizzare le pmi». Vola l’agrifood, Giansanti: «Nel 2023 export a 64 miliardi di euro, il 10% del totale»

Dario Dolci

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redazione@laprovinciacr.it

16 Aprile 2024 - 05:10

«Il nostro marchio  top, ce lo invidia il mondo»

Ancorotti e Giansanti

CREMA - «Credo che tutti sappiano cosa sia il Made in Italy, ma è sempre meglio ribadirlo, perché risulta efficace a livello di reputation del marchio». Renato Ancorotti, senatore della Repubblica e imprenditore nel settore della cosmesi, coglie l’occasione della prima giornata nazionale del Made in Italy, celebrata ieri nell’anniversario della nascita di Leonardo da Vinci, per sottolinearne l’importanza.

«Questo marchio comprende tutti i settori che all’estero di invidiano. L’italian style è il terzo brand al mondo, dopo Coca Cola e Visa. Anche queste giornate servono a sostenere la nostra reputazione». La brand reputation di cui parla Ancorotti è il risultato dell'insieme di percezioni, valutazioni e aspettative che i diversi stakeholder hanno nei confronti di un'azienda o di un marchio, che sono frutto di fattori come la storia, la comunicazione e le condotte aziendali assunte nel corso del tempo.

A far conoscere la qualità dei prodotti italiani nel mondo concorre anche la Ancorotti Cosmetics, come spiega lo stesso titolare numeri alla mano: «L’anno scorso, su 115 milioni di fatturato, abbiamo avuto esportazioni per 100 milioni di euro. Quest’anno arriveremo a 160 milioni, di cui 135 di esportazioni. La cosmesi è uno dei fiori all’occhiello della nostra economia. Porta un fatturato di 15 miliardi di euro, che comprendendo la filiera diventano 35». Se le grandi aziende come la Ancorotti Cosmetics hanno già un peso importante sui mercati internazionali, Ancorotti afferma che molto può essere fatto per le micro imprese: «Che rappresentano un Made in Italy non conosciuto. Per la loro dimensione risulta difficile fare internazionalizzazione. Potrebbero esportare di più, se costruissimo un sistema di valorizzazione dei loro prodotti. Le piccole imprese andrebbero accompagnate e sostenute in questo percorso, magari iniziando dalle Province come la nostra, dove le eccellenze non mancano».

L’imprenditore cremasco si sofferma anche sul problema della tutela del marchio Made in Italy: «C’è un’attenzione sempre più alta verso l’italian style. E ci sono anche ampi margini di crescita. Occorre fare di più però per cogliere le opportunità che ci sono all’estero. Il nostro settore agroalimentare esporta per oltre 60 miliardi di euro all’anno. Ma se andiamo in vari Paesi europei o negli Stati Uniti, vediamo che ci sono prodotti che hanno nomi e confezioni che richiamano l’Italia, ma poi in piccolo c’è scritto Made in Germany o Made in Usa. Ci sono consumatori che comprano pensando che il prodotto sia italiano. Questi sono i nostri clienti del futuro. Il Governo e gli imprenditori italiani devono lavorare per rendere riconoscibili i nostri prodotti all’estero. Il consumatore deve essere consapevole di cosa sta comprando. È un mercato che vale miliardi».

Secondo Ancorotti, il Made in Italy riassume le capacità e la creatività del nostro Paese, che altri non hanno. «Anche l’aspetto dell’arte e della cultura è importante». Nella giornata nazionale del Made in Italy, non poteva mancare un accenno allo scarso gradimento mostrato dall’utenza verso il liceo che porta questo nome. «Le novità – sostiene Ancorotti – spaventano sempre e le famiglie degli studenti si sono probabilmente sentite disorientate di fronte a questa proposta. Sicuramente va spiegata meglio». Stesso discorso vale per gli Its, i corsi di istruzione tecnica superiore, post-diploma.

«In Germania funzionano, in Italia si fa fatica a renderli attrattivi. A mio parere manca un orientamento efficace. In Corea esiste un centro specifico, dove se vuoi diventare vigile del fuoco ti fanno parlare con un pompiere e ti fanno vedere come si spegne un incendio. Così capisci se hai attitudine». Tornando al Made in Italy vero e proprio, l’azienda di Ancorotti sta per aumentare il proprio contributo alla diffusione del marchio in tutto il mondo. Ad agosto entreranno in funzione i tre nuovi capannoni, adiacenti al corpo centrale dell’ex Olivetti, dove verrà attivata la produzione di profumi, che arricchiranno l’offerta. Il patron della Ancorotti Cosmetics — uno dei colossi della ‘cosmetic valley’ — sta ampliando il quartier generale insediato nella zona industriale di Santa Maria con l’obiettivo di estendere il perimetro di business e generare importanti ricadute occupazionali. La superficie passerà dagli attuali 45mila metri quadrati a 50mila totali. Tutto Made in Italy.

«Si profila un nuovo record per il ‘Made in Italy’ agroalimentare. Nel 2023 le esportazioni hanno raggiunto i 64 miliardi di euro, circa il 10% sul totale delle vendite all’estero dell’Italia. Alla fine di quest’anno potrebbero far registrare un ulteriore aumento in valore nell’ordine di sei punti percentuali». È quanto ha dichiarato ieri il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in occasione della giornata del ‘Made in Italy’.

«Sulle prospettive dell’economia pesano le crescenti tensioni internazionali, l’aumento del costo dei trasporti navali e dei prodotti energetici, ma se le previsioni saranno confermate, risulterebbe sostanzialmente colmato il divario nei confronti della Spagna. Un risultato che sembrava fuori portata fino a pochi anni fa», sottolinea Giansanti.
«In tutto il mondo, alle nostre produzioni vengono riconosciuti requisiti di gusto, qualità e sostenibilità difficilmente eguagliabili, anche perché legati all’eccellenza della dieta mediterranea. Dietro ai successi c’è anche l’impegno costante di tutte le imprese della filiera per interpretare i segnali che arrivano dal mercato, anticipare l’evoluzione della domanda e far crescere, grazie agli investimenti e alle innovazioni, la competitività.

I punti di forza del nostro sistema sono costituiti dalla differenziazione produttiva, dalla flessibilità e dall’apertura alle innovazioni tecnologiche. Proprio per valorizzare al massimo questi requisiti competitivi sul mercato interno e a livello internazionale, Confagricoltura e Unione Italiana Food hanno costituito ‘Mediterranea’.
«L’agricoltura italiana è stabilmente ai primi posti in Europa per valore aggiunto. Aggiungendo, quindi, ai punti di forza del settore industriale, la qualità e l’eccellenza delle produzioni agricole italiane, risulta evidente che il settore agroalimentare del Paese ha le potenzialità per diventare il ‘numero uno’ al mondo. Le nostre esportazioni possono salire nel medio termine fino a 100 miliardi di euro», puntualizza il presidente della Confagricoltura.

«Certo, occorre migliorare la logistica per abbattere i costi di trasporto più alti rispetto alla concorrenza. Va rafforzata l’assistenza alle imprese che intendono cimentarsi sui mercati internazionali. Occorre puntare sull’apertura di nuovi sbocchi e sul miglioramento della presenza dove, come nel continente asiatico, risulta attualmente inferiore alle potenzialità che sono significative. In Cina, ad esempio, le esportazioni agroalimentari italiane sono attestate a soli 580 milioni di euro. In Giappone, il consumo pro-capite del ‘Made in Italy’ di settore è di soli otto euro, contro i 20 che si registrano negli Stati Uniti».

«Resta il fatto – conclude Giansanti – che per esportare di più occorre, prima di tutto, produrre di più. Obiettivo che può essere centrato solo se le imprese della filiera, dal campo, dagli allevamenti al prodotto finito, sono efficienti, competitive e in grado di assicurare una adeguata marginalità economica».

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