L'ANALISI
11 Aprile 2024 - 05:05
CREMA - Per la prima volta nella storia del Maggiore c’è la concreta volontà di dotare l’ospedale di una mensa interna. La dirigenza dell’Asst ha messo nero su bianco l’obiettivo di arrivare alla struttura: «Stiamo verificando la possibilità di realizzare una mensa interna per i dipendenti e pertanto di interrompere il servizio, con congruo preavviso, qualora si verificassero le condizioni per un diverso sistema di erogazione», si legge nella delibera. Il fatto che manchi la struttura complica ovviamente la vita al personale, soprattutto per i turni di notte: non è un mistero, che con i 7 euro del buono pasto si possa ormai comprare ben poco negli esercizi pubblici convenzionati della città (una decina).
E per ragioni di orario non è nemmeno facile usufruire del servizio mensa erogato ai pazienti. «I pasti restano sempre scarsi — conferma Rosario Miccichè, segretario territoriale e responsabile per l’area di Crema della Uil funzione pubblica —: da questo punto di vista poco è cambiato rispetto agli anni scorsi. Il principale problema è l’impossibilità per l’Asst di adeguare il buono pasto, fissato per contratto a livello nazionale, all’inflazione galoppante degli ultimi anni. Ci sono stati comunque dei miglioramenti, a cominciare proprio dalla possibilità di chiedere il pasto serale tramite il servizio mensa per i degenti, per arrivare all’asporto e alla consegna in reparto da parte degli esercizi convenzionati. Sino a un paio d’anni fa, il personale doveva recarsi sul posto. A volte, però, mancano gli spazi nei reparti dove consumare il pasto. Abbiamo appreso con soddisfazione il fatto che la nuova direzione strategica abbia messo nero su bianco la necessità di una mensa interna, cosa che le precedenti amministrazioni avevano solo asserito a parole. Ovviamente il successo di questo tentativo dipenderà dalle scelte a livello regionale. Certo Crema rimane uno dei pochi ospedali lombardi dove il personale non ha a disposizione questo servizio».
Sin dalle prime settimane di incarico, avviato a gennaio, il direttore generale Alessandro Cominelli ha deciso che il suo mandato triennale fosse caratterizzato almeno da un tentativo, concreto, di ottenere dalla Regione i finanziamenti necessari per un refettorio. Nel frattempo, è in scadenza l’attuale contratto della cosiddetta mensa diffusa, che andrà rinnovato entro metà giugno. Già in occasione del primo incontro con la nuova direzione strategica dell’ospedale, i sindacati avevano messo sul tavolo la questione dei pasti.
«Con l’aumento dell’inflazione degli ultimi anni, il valore del buono non è più sufficiente a garantire un pasto dignitoso, oltre alla difficoltà di reperire esercenti che garantiscano il servizio — scrive Angelo Bonvissuto, segretario generale territoriale della Uil — considerata la prossima scadenza del contratto con la società Edenred, si rinnova la richiesta della predisposizione di una mensa aziendale e nell’immediato passare all’erogazione dei ticket più funzionali e confacenti alle esigenze dei lavoratori». Sulla stessa lunghezza d’onda anche gli altri sindacati.
«La nuova direzione generale dovrà ora attendere la risposta della Regione, per capire se si potrà concretizzare la realizzazione della mensa — sottolinea Luca Dall’Asta della Cgil Funzione pubblica —: gli spazi all’interno del perimetro dell’ospedale non mancano. Dal nostro punto di vista, ci sono i presupposti per l’esigibilità del buono pasto, ovvero di avere il controvalore da spendere in altri esercizi commerciali, in quanto non tutti riescono a beneficiare della mensa diffusa».
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