L'ANALISI
01 Aprile 2024 - 18:36
CREMONA - ’Siamo fatti per lodare Dio’. È stato questo, durante la Veglia pasquale in duomo, il tema dell’omelia del vescovo Antonio Napolioni, ispirata dal canto dell’Alleluia «del quale avevamo nostalgia perché custodisce il senso profondo della nostra vita» e che ha ripreso, dalle letture bibliche.
«Il racconto delle grandi opere di Dio» e «la grande notizia delle donne che al sepolcro trovano la pietra rotolata, e comprendono che non è finita, anzi tutto comincia, e riparte in maniera nuova la nostra vita».
La notte di Pasqua ha visto il conferimento dei sacramenti dell'iniziazione cristiana (battesimo, cresima, prima comunione) a otto catecumeni adulti: Harmanda Hoti, originaria dell'Albania e da sette anni residente a Casalbellotto (Casalmaggiore), Saturday Ehais Uwafiokun e Iredia Agho, coniugi nigeriani giunti in Italia otto anni fa e ora residenti a Brignano Gera d’Adda; Pasquale Sibona, di origini casertane e residente ad Antegnate; e quattro giovani nigeriani con alle spalle una storia di sofferenze: David Obinna Nwankwo, Iyere Miracle Aimoshor, Stanley Airiohoudion, Osariemen Omorogieva, «arrivati a Bari (dalla Libia) dopo aver attraversato il Mediterraneo su una piccola barca nel dicembre 2021 – riferisce il sito della diocesi - e poi a Cremona nel 2022, dove sono ospiti alla Casa dell’Accoglienza e si sono inseriti nella comunità africana anglofona che fa riferimento alla parrocchia di San Bernardo», accompagnata dal sacerdote nigeriano don Patsilver Olkah, presente fra i concelebranti insieme al direttore della Caritas cremonese, don Pierluigi Codazzi.
Otto testimonianze – ha rilevato il vescovo - «di come si diventa cristiani anche oggi da adulti, per libera scelta, in risposta al dono di Dio. Non solo si nasce cristiani, sempre meno, ma si diventa cristiani, sempre più. In tante chiese d’Europa sono centinaia i catecumeni che ricevono il battesimo e anche noi benediciamo questi nostri fratelli e sorelle in questa celebrazione che ora riguarda loro ma parla a noi, ci indica il futuro della nostra Chiesa che non invecchia ma si rinnova e tutto si integra in Cristo Signore, il primogenito della nuova creazione».
La seconda messa di Pasqua è stata celebrata dal presule nella casa circondariale di via Ca’ del Ferro, quasi un compimento dell’iniziativa diocesana di carità quaresimale, intitolata ‘Dare speranza alla giustizia’, che ha raccolto contributi per l’abbigliamento delle persone detenute e il dono di oltre cinquecento colombe pasquali. Poi alle 11, in cattedrale, il solenne pontificale, molto partecipato come del resto la veglia notturna, accompagnati dal maestro Fausto Caporali all'organo, da Giovanni Grandi alla tromba e dal coro diretto da don Graziano Ghisolfi.
La riflessione di monsignor Napolioni si è incentrata sulle guerre che neppure a Pasqua hanno conosciuto una tregua, né «il rispetto per i luoghi santi, per le memorie dei cristiani, per il Ramadan dei fratelli musulmani, per lo Shabbat in cui i figli d’Israele hanno imparato a condividere il riposo stesso di Dio».
Alla guerra senza tregua «che dimentica tutto», ha opposto l’invito a «Fare Pasqua senza tregua», in quell’«Alleluia instancabile che vogliamo vinca i rumori di guerra e metta a tacere le nostre passioni violente».
L’augurio pasquale di monsignor Napolioni, in definitiva, è quello di benedire il Signore anche in questo tempo, «perché egli ci è fedele, egli è misericordioso, egli è creativo e ci coinvolge in questa sua nuova creazione. Facciamolo con obbedienza, fiducia ed entusiasmo infantile innocente e disarmato e disarmante. E allora la pace verrà; a caro prezzo, come è avvenuto per Cristo Gesù, ma verrà».
Nel pomeriggio di Pasqua è stato invece il vescovo emerito Dante Lafranconi a presiedere i vespri in Duomo, con una breve meditazione sul «giorno fatto dal Signore», non solo quello di Pasqua, ma quello del battesimo che, come avvenuto nella notte ai catecumeni, incorpora per sempre ogni cristiano al Cristo Risorto.
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