L'ANALISI
27 Febbraio 2024 - 19:57
Il carcere di Cremona
CREMONA - Accusò due detenuti di averlo più volte palpeggiato sia in una sezione del vecchio padiglione sia nella sezione di quello nuovo. Ma la sua querela raccolta da un ispettore della polizia penitenziaria «era finalizzata ad ottenere di andare via dal carcere che dal punto di vista trattamentale non era tra i più avanzati. E, infatti, il denunciante è andato poi nel carcere di Opera».
Lo ha detto l’avvocato Fabrizio Cardinali, legale di due ex detenuti a Cà del Ferro, entrambi oggi assolti dall’accusa di violenza sessuale «perché il fatto non sussiste». Lo stesso pm Francesco Messina aveva chiesto l’assoluzione con la medesima formula: «Non ci sono elementi sufficienti per provare gli atti sessuali né atti persecutori». Anche perché al processo, la presunta vittima delle «attenzioni sessuali», in parte cambiò versione.
Nella querela raccontò di essere stato importunato già quando era nella sezione del vecchio padiglione e, quindi, di aver chiesto il trasferimento in altra sezione. Ma in aula ha detto «una cosa diversa», di non essere mai stato importunato nei primi mesi (vecchio padiglione) e di aver chiesto il trasferimento in un’altra sezione «solo perché la cella era troppo stretta». «Il denunciante non ha quella patente di credibilità», ha sottolineato il difensore. Tra sessanta giorni la motivazione della sentenza.
Storia di cinque anni fa. Oggi uno degli imputati assolti e codifeso dall’avvocato Filippo Milan di Verona, è detenuto nel carcere di Novara, l’altro è libero: oggi era in aula.
I protagonisti della vicenda sono tutti albanesi, tutti sposati. All’epoca, in carcere c’era il «sistema aperto». Come funzionasse la socialità, lo ha spiegato un ex detenuto chiamato a testimoniare dalla difesa. «Mangiavamo tutti insieme, stavamo insieme in corridoio... Il denunciante era in cella con me. Non è assolutamente vero che gli imputati lo hanno molestato. Con me non si è mai lamentato di aver subito determinati atteggiamenti. La lacrimuccia gli è scesa parlando della famiglia».
E, poi, «atti sessuali non li avremmo mai permessi». «In loro presenza, i detenuti mai avrebbero tollerato palpeggiamenti, perché in carcere c’è un codice non scritto», ha detto il difensore. Non solo. Gli imputati sarebbero stati marchiati. «Non escludo scherzi in una cella dove bazzicavano tre, quattro detenuti della stessa nazionalità - ha concluso il legale - , ma la persona offesa ha avuto interesse a caricare la querela con l’obiettivo di ottenere quello che ha ottenuto. andare in un altro carcere».
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