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CREMONA: LE CELEBRAZIONI

Le cerimonie con il vescovo Napolioni: «Carità e speranza più forti dei peccati»

Messa alle 11 e, alle 18, la celebrazione solenne con tante autorità. Al Te Deum in S. Agostino e ieri in S. Sigismondo il presule esorta i fedeli e parla del Sinodo

02 Gennaio 2024 - 11:07

Le cerimonie con il vescovo Napolioni: «Carità e speranza più forti dei peccati»

CREMONA - «Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia splendere il suo volto»: nelle parole del salmo 66 il vescovo Antonio Napolioni ha riassunto con «onestà e umiltà», a nome dei molti fedeli presenti, il senso del 2023 che stava finendo e l'invocazione per il 2024 al suo inizio, mentre i media «tentano di dire come è andato quest’anno e che cosa ci si attende dal prossimo». Ma l’omelia vespertina del 31 dicembre in Sant’Agostino, prima del canto del ‘Te Deum’ di ringraziamento (concelebravano il vescovo emerito Dante Lafranconi, canonici e sacerdoti dell'unità pastorale) è stata soprattutto una riflessione sulla Chiesa, nella prospettiva del Sinodo e in quella dell’Anno Santo che si aprirà alla fine del 2024.

Una Chiesa «fatta di uomini» che però affrontano la realtà «con una forza in più», con la «capacità di speranza, di generare carità, che supera di gran lunga i nostri peccati, i nostri scandali», guidata dal magistero del Papa «voce coraggiosa e autorevole e per questo contestata» quando tocca certi «nodi», come «la ricchezza spasmodica di pochissimi» e «la miseria« che invece priva molti di una «vita degna di persone». Del «cammino sinodale» monsignor Napolioni ha ricordato le tre tappe: narrativa, sapienziale - in corso, e in cui «occorre attingere alla sapienza ispirata» guardando a Maria «maestra della Chiesa, testimone silenziosa» - e infine quella delle decisioni. «Memoria, sapienza, profezia», ha detto il vescovo, devono prendere il posto di «lamento, nostalgia, litigio, guerra», nel mondo e nella Chiesa. Oltre le conflittualità tra «ottimisti e pessimisti, conservatori e progressisti, destra e sinistra», il presule ha tratteggiato «una Chiesa più umile, e perciò più libera dalle paure e dai compromessi, più fedele al suo Signore che la prende per mano», per «camminare insieme” sollecitati dalla presenza di Cristo con la sua Pasqua, donata per la salvezza del mondo.

Un momento della celebrazione di ieri a San Sigismondo


Nel giorno di Capodanno, nel quale la Chiesa ha celebrato Maria madre di Dio e la 5ªa Giornata mondiale della Pace, il vescovo ha presieduto la messa al mattino a San Sigismondo – accanto a lui don Daniele Piazzi, cappellano del Monastero delle claustrali domenicane, e il segretario don Matteo Bottesini - e al pomeriggio in cattedrale. I temi della pace e dell’intelligenza artificiale (alla quale papa Francesco ha dedicato il suo messaggio per il 2024) sono stati al centro delle sue considerazioni. Iniziate, a San Sigismondo, con un po’ di ironia, chiedendo se anche le monache avessero festeggiato il nuovo anno con i fuochi d'artificio. Monsignor Napolioni ha confessato di non averli mai particolarmente amati, ma che quest’anno non gli sarebbero dispiaciuti «botti di pace» quali segni di festa in tutto il mondo, al posto di quelli delle bombe, dei missili e delle contraeree scatenati dalle guerre in corso, che ci interpellano anche se ritenessimo di porci «a distanza di sicurezza».

Un momento della celebrazione in duomo di ieri

Dell'intelligenza artificiale, in gioventù intuita con i primi 'robot', non ha nascosto l'ambiguità, tra le possibilità di progresso che offre e il rischio di manovre occulte «per controllare le coscienze». Da qui il suo appello a un’intelligenza «umana, morale, spirituale» che porta a «fare i conti con il senso del limite, mettendo un limite al delirio di onnipotenza» e agli «impulsi egoistici», e promuove piuttosto «la maturità, la santità, la vera bellezza, la condivisione», dalle quali dipende una «mentalità di pace». Soltanto se prevarrà l'intelligenza «spirituale» non avremo paura di quella «artificiale», perché uomini e donne sapranno governare sé stessi e ciò che, come le macchine, nasce dalla propria creatività.

Richiamando il canto natalizio ‘Astro del ciel’ e l'invocazione del dono della «luce alle menti», il vescovo ha invitato a vivere bene il nostro tempo, che se è diverso da quello abitato da Gesù a Nazareth, è nondimeno bisognoso della «relazione con Dio per vivere da fratelli». Un tempo per «ascoltare, meditare, testimoniare», un nuovo anno da affrontare con la luce della preghiera, come indicato dal Santo Padre, in preparazione del Giubileo del 2025, e in affidamento fiducioso a Maria nelle scelte che la vita e la storia ci impongono.

Il cavalier Giovanni Arvedi in duomo

I CREMONESI ONORANO RITI E TRADIZIONI

Una giornata intensa, ricca di significati e di appuntamenti, quella di ieri, per i fedeli cremonesi. In duomo hanno avuto luogo due cerimonie importanti, alle quali hanno preso parte molti fedeli, come da tradizione. Alla 11 è stata celebrata la messa, trasmessa in diretta tv e via web, alla quale non era presente il vescovo, impegnato nella contemporanea cerimonia di San Sigismondo. Alle 18 in cattedrale monsignor Napolioni ha presieduto la messa nella solennità di Maria Madre di Dio e 57ª Giornata mondiale della pace.


In entrambe le cerimonie tante le autorità. Tra i presenti alla messa delle 18 anche il cavalier Giovanni Arvedi. Il programma delle celebrazioni prosegue con gli appuntamenti fissati per sabato 6 gennaio: nella solennità dell’Epifania, il vescovo presiederà l’Eucaristia alle 11 in cattedrale (diretta tv e web) e alle 17 i Vespri nella chiesa di San Sigismondo, «nel ricordo anche dei 16 anni dalla posa della clausura sul monastero domenicano», spiega il sito della Diocesi di Cremona.

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