L'ANALISI
18 Dicembre 2023 - 18:31
La celebrazione del funerale di Michele Cavalli 'Pongo' nella chiesa di Vicomoscano
CASALMAGGIORE - «Michele ha saputo segnare la sua vita. Perché desiderava la pienezza, perché desiderava dalla sua esistenza la gioia, la felicità». È stato don Giuseppe Nevi, ex parroco di Vicomoscano, oggi pomeriggio, a presiedere il funerale di Michele Cavalli, scomparso a soli 37 anni per un improvviso malore. Una morte che ha sconvolto una intera comunità, ieri riunita in un abbraccio ai famigliari, a partire dalla mamma, Franca, e dal fratello Paolo. Tantissima gente ha preso parte alle esequie, concelebrate dal parroco don Anton Jicmon e da don Francesco Fontana, presidente della Federazione Oratori Cremonesi. Presenti diversi rappresentanti della Vbc Volley, di cui Michele era dirigente.
Il feretro, coperto da rose bianche, è giunto sul sagrato alle 14.30. Una volta davanti al presbiterio, oltre alla foto, sulla bara è stata posta una maglietta della Cremonese. Perché Michele era un appassionato, oltre che di volley, di calcio. Nell’omelia, don Giuseppe è partito da una riflessione teologica per poi soffermarsi a parlare di Michele. «Noi crediamo che sia da cercare qui il senso della vita. Crediamo che ci sia tutto qui. Ma se non abbiamo le radici in cielo, non capiamo niente della vita e non capiamo soprattutto che siamo in un esilio. E non capiamo, soprattutto, che dall’esilio c’è qualcuno che ci libera. L’esilio di Michele è finito. Certo, qualcuno dice è finito presto. Qualcuno dice, giustamente, che Michele ci è stato strappato. Tutte cose verissime. Ma il cuore della questione non sono i particolari di fatti che sono accaduti. Il cuore della questione è che qualcuno ci libera dall’esilio. E siccome Michele è un battezzato, quel qualcuno si chiama Gesù Cristo, che è il suo Salvatore».
Per don Nevi, «Michele ha espresso a suo modo la ricerca della vita vera con la sua vivacità, con la suo rigore nel lavoro, con la sua capacità di creare rapporti e amicizie in abbondanza nel calcio, nella pallavolo, in tantissime cose. Ha saputo segnare la sua vita. Perché desiderava la pienezza, desiderava dalla sua esistenza la gioia, la felicità. Voi, cari amici, avete condiviso tantissime cose con lui e avete capito come la vita davvero è la ricerca di qualcosa di grande, di più grande di ciò che ci è dato. Non dimenticatevi di Michele, portatelo sempre nel cuore. Però vi chiedo davvero di pregare tanto per Franca, per Paolo, per tutti gli amici, per chi è stato più vicino a Michele, perché vivono davvero questo momento con gli occhi della contemplazione del mistero».
Don Giuseppe si è rivolto più volte, direttamente, alla mamma di Michele: «Questo è un grande mistero. Non c’è risposta, Franca. Non c’è risposta. Faccio le condoglianze a tutti coloro che penso vogliano abbracciare Michele per l’ultima volta. Io ringrazio il parroco di avermi donato questa gioia di celebrare questo ultimo saluto a Michele e lo faccio con il ricordo di tanti anni passati insieme, tante cose condivise, come la sua testardaggine. Tanti ricordi belli. Tante discussioni. Anche perché lui aveva le sue visioni, i suoi modi di essere ed era bello così. Però allo stesso tempo portiamo nel cuore anche la sua freschezza, la sua ironia. Questo modo di essere un po’ burlone nella vita rinfranca e ce lo portiamo davvero nel cuore. Sembra un po’ assurdo in questo momento mischiare il pianto con il riso. No, ragazzi, è assurdo, ma è così perché la vita è fatta così. È davvero un intreccio continuo tra la gioia e il dolore, tra il pianto e il riso. E cogliamo davvero questo grande mistero e portiamolo nel cuore».
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