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La memoria dei sacerdoti cremaschi: «Quel giorno in cui Crema si fermò»

Don Isacco Dognini e don Ennio Raimondi, 92 e 91 anni, si raccontano: dall’ordinazione alle parrocchie

Giovanni Ricci

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redazione@laprovinciacr.it

17 Novembre 2023 - 05:20

La memoria dei sacerdoti cremaschi: «Quel giorno in cui Crema si fermò»

Il duomo di Crema

CREMA - Memorie di sacerdoti cremaschi ultranovantenni. Il decano dei preti della diocesi è don Isacco Dognini, storico parroco di Campagnola nato nel 1931 e che ha già tagliato il traguardo della 92 primavere. Mentre a 91 è don Ennio Raimondi, a lungo a Bagnolo. Don Isacco vive all’ombra del campanile della cattedrale; mentre don Ennio è ospite della residenza Lucchi di via Zurla. Hanno in comune i 66 anni di sacerdozio, compiuti proprio nel 2023, essendo stati ordinati assieme il 30 maggio 1957, da Placido Maria Cambiaghi, vescovo di Crema dal ‘53 al ‘63.

Don Isacco, che fa parte del Capitolo della cattedrale, accetta di raccontare della sua vocazione: «È nata al termine della quinta elementare, a 12 anni è sbocciata e non mi sono mai pentito. Purtroppo, ora, la propensione sacerdotale è sempre più calata tra i giovani». Sfogliamo l’album dei ricordi, si sofferma proprio sul giorno dell’ordinazione. «Quel maggio del ‘57, la città si è fermata: una folla immensa ai lati nel corteo che, dal seminario (quello storico di via Dante Ndr), ci ha accompagnati verso la chiesa di San Bernardino, perché il duomo era chiuso per lavori. Eravamo in tanti, quel giorno, a ricevere il mandato. Proprio perché, un tempo, la predisposizione era spiccata. Io mi considero sempre un servitore della Chiesa». Domenica, tra l’altro, ricorre la giornata per i poveri. «Anche la diocesi fa sempre la sua parte, ogni giorno siamo impegnati nell’accoglienza dei più bisognosi. La parrocchia, del resto, è una grande famiglia».

Don Isacco Dognini che, con i suoi 92 anni, è il decano della diocesi di Crema


I due decani della diocesi, a settembre, hanno tra l’altro partecipato assieme a Caravaggio, accanto al vescovo e al resto del clero cremasco, alla giornata della fratellanza. Ed entrambi i veterani della Chiesa locale, ne hanno visti passare di Papi e vescovi. «Di Paolo VI e dei vescovi Placido Maria Cambiaghi e Carlo Manziana ho un ricordo indelebile dentro di me», sottolinea don Ennio Raimondi. L’ex parroco di Bagnolo e di San Carlo, un giorno ha ricevuto la visita alla casa-albergo di don Mario Pavesi, il suo successore nella parrocchia bagnolese, con il quale poi ha compiuto un giro in macchina nelle vie del paese per vedere le opere realizzate dopo di lui.

«La mia è stata una scelta sacerdotale sempre profondamente convinta. Sono stato tra i primi preti a svestirsi della classica tunica, per voler portare abiti comuni e ora lo fanno in tanti. La prossima giornata dei poveri? Per me è ricordare l’inizio del mio ministero: ogni volta che fate qualcosa per uno di loro, lo farete a me, dice Gesù. Lui si è identificato con loro. I poveri sono stati la predilezione nel mio ministero. Ordinato sacerdote, il vescovo mi ha infatti destinato al Cuore di Crema, come primo incarico. Ho vissuto in una realtà dove, abitare in compagnia e partecipare alla vita degli ospiti sono stati momenti per me importante. Ho condiviso la vita dei più bisognosi e stare con loro mi ha aperto gli occhi. Questo incarico è stato un dono, perché era la predilezione di Gesù, che si è immedesimata con loro».

Don Ennio Raimdoni 91 anni, a lungo parroco di Bagnolo Cremasco

«Come trascorro le sue giornate? La mattina prego e ringrazio Dio, perché ogni giorno è un dono del Signore. A pranzo e cena mangio con i prodotti cremaschi. Una parrocchia che resterà scolpita nell’albo dei ricordi? Sicuramente quella di San Carlo Borromeo che è nata con me: è stata posata la prima pietra, con tanti cristiani, che potrei chiamare operai della prima ora, che hanno condiviso con me il ministero pastorale, che non è fatto solo di costruire una chiesa, un oratorio, dono di monsignor Manziana».

Riavvolgendo il nastro, un giorno da rivivere? «Come non ricordare il giorno della mia ordinazione sacerdotale, il dono di Dio che mi è stato dato con l’imposizione delle mani. Eravamo in tanti preti a dividere questa gioia». «Con le parrocchie — analizza, lucidissimo, don Raimondi — ho avuto soprattutto la grazia di avere potuto sempre servire la chiesa, anche quando dovevo impegnarmi in altri compiti di missione, come con i lavoratori. La parrocchia è un campo di apostolato più completo, che mi è stato utile per tante altre esperienze».

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