L'ANALISI
12 Novembre 2023 - 16:00
Il tribunale di Cremona
CREMONA - Hanno fatto la guerra a mascherine, green pass e vaccini. Poi, la guerra è implosa in casa loro: il Comitato Fortitudo costituito l’8 settembre del 2021 da Grazia Piccinelli, presidente pasionaria a capo dei ribelli no vax, no pass con al suo fianco la vice Cinzia Toetti, nome di battaglia La Gabbia Cinzia. Un fronte ufficialmente compatto fino a luglio di quest’anno, quando i malumori interni nati da una lite sui ‘medici fiduciari’, hanno portato il Comitato alla scissione. La prima ad andarsene è stata La Gabbia Cinzia, altri ribelli l’hanno seguita, altri ancora sono stati messi alla porta dalla Piccinelli, “una che decide tutto da sola”. E che ha trascinato in causa l’ex vice, accusandola di averla diffamata sui social (Telegram e Facebook) con vari messaggi. Uno su tutti: ‘Anche se la capacità di imbrogliare è segno di acutezza e di potere, l’intenzione di imbrogliare è senza dubbio segno di cattiveria o di debolezza’.
“A prescindere dal fatto che la paternità dell’aforisma è da attribuire a Cartesio e non a La Gabbia Cinzia, il messaggio non contiene alcun esplicito o implicito riferimento al Comitato Fortitudo né alla signora Grazia Piccinelli”, scrive il giudice nel provvedimento con cui ha respinto le pretese del Comitato e della sua presidente, che al magistrato avevano chiesto non solo di ordinare alla Toetti di piantarla con le ingiurie, ma, addirittura, che toccasse alla toga rimuovere tutti i messaggi ritenuti ingiuriosi. Il giudicante avrebbe dovuto prendersi la briga di scrollare i social e fare una scrematura, individuando “le pubblicazioni di cui si chiede la rimozione”.
Non funziona così. Toccava al Comitato e alla presidente specificare "le pubblicazioni" e riversarle nel ricorso insieme alle altre sei indicate, ma ritenute non diffamatorie dal giudice, compreso l’aforisma di Cartesio.
Il rigetto della richiesta "per la manifesta genericità della pretesa" ha quindi fatto cadere le pretese a pioggia avanzate dal Comitato e dalla Piccinelli. E cioè che il giudice disponesse il sequestro conservativo di beni mobili e immobili di La Gabbia Cinzia "sino al valore di 200mila euro". Duecentomila euro. Una richiesta comunque e a prescindere, "sproporzionata" per il giudice. Una richiesta "con intento punitivo, chiara espressione della autoreferenzialità" della Piccinelli "che autoassegna alla propria personalità e reputazione un valore che forse si addice a poche personalità in Italia", ha ribattuto nel contro-ricorso (comparsa di risposta) il difensore di La Gabbia Cinzia, l’avvocato Franco Antonioli, il quale ha ricondotto la vicenda a una "lite di cortile".
Per comprendere i motivi della lite, bisogna rifarsi all’atto costitutivo del Comitato che tra i suoi scopi annovera quello "di poter analizzare il sangue di coloro che si sono vaccinati contro il Covid 19 , lamentando dei danni all’organismo ed offrire loro delle terapie idonee che possano contrastare gli effetti dannosi dei vaccini". Sul punto, è scritto nel ricorso presentato dall’avvocato Filippo Marioni, legale del Comitato e della presidente Piccinelli, "si è distinta la collaborazione con il dottor Franco Giovannini, medico chirurgo (di Mantova), specializzato in biodiagnostica", il ‘papà’ del ‘Progetto Cure’.
In onore del medico noto tra i no vax e fiduciario del Comitato, il 15 luglio scorso è stata organizzata una cena all’Agriturismo Corte dei Semplici, a Bordolano. A fine serata la vice Toetti ha chiesto di ringraziare anche un altro medico, lui di Cremona: Tiziano Talamazzi, dentista ed ematologo "per il contributo dato al Comitato sul territorio cremonese, visitando i pazienti". Ma la presidente Piccinelli si è messa di traverso, perché Talamazzi non era un medico fiduciario del Comitato. Ventiquattro ore dopo, la vice Toetti si è dimessa, annunciando sui social di "continuare autonomamente la collaborazione con Talamazzi".
Nel torrido mese di luglio, il caso "medici fiduciari" ha infiammato i canali social dei no vax con La Gabbia Cinzia che ha pubblicato cinque post e messaggi. Come il commento "anche Grazia è un’attrice". "Un messaggio, in sé considerato, privo di carattere diffamatorio, in quanto in assenza di qualsivoglia altra deduzione; non si può certamente collegare il mestiere dell’artista teatrale a un pensiero negativo", annota il giudice, che ha condannato Comitato e presidente a rifondere all’ex vice Toetti le spese sostenute per difendersi nella causa: 4.500 euro per compensi professionali, oltre rimborso forfettario per spese generali.
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