L'ANALISI
03 Novembre 2023 - 05:25
I protagonisti del tour dei fasulìin durante la tappa al circolo Bruno Chiari di via Palestro: una delle sette soste del gruppo di amici innamorati dei sapori della tradizione cremonese
CREMONA - Il velo viscoso si srotola sul palato e la lingua schiocca: «I’ taca». Espressione verace di apprezzamento: le cotenne sono morbide e appiccicose quanto basta, i fagioli croccanti al punto giusto. E il movimento del polso, che affonda di nuovo il cucchiaio nella scodella, è accompagnato da uno sguardo d’intesa con i commensali. La liturgia della convivialità, nel giorno dei morti, ha il sapore ricco e la consistenza untuosa dei fasulìin de l’òc cun le cudeghe, ricetta contadina che, in anni recenti, è diventata protagonista di un rituale pop al crocevia fra tributo alla tradizione e frontiera gourmand.
I fagiolini fumano sulle tavole casalinghe, troneggiano sui menu dei ristoranti, allettano le frotte di golosi che prendono d’assalto le feste di piazza. E se, da un lato, la secolarizzazione del costume gastronomico ha dato origine a una sorta di festival diffuso, dall’altro, la progressiva erosione del patrimonio di saperi e sapori custodito nelle osterie — quelle genuinamente rustiche e autenticamente popolari — sta allentando il legame con le radici più profonde della civiltà rurale. Allora, capita che la spinta alla conservazione della tradizione arrivi dal basso, direttamente dal popolo dei buongustai che ha a cuore la cremonesità più ruspante, quella dell’epoca ‘dei nonni’.
Ogni anno a Cremona, nei giorni di Ognissanti e dei defunti, c’è un gruppo di amici che balza in sella alle biciclette (in qualsiasi condizione meteo) per lanciarsi nel ‘tour dei fasulìin’: una vera e propria processione gastro-ciclabile che fa tappa in alcuni dei ritrovi più tipici dell’arcipelago del mangiare nostrano, fra templi della cucina di una volta e moderni avamposti della riscoperta contadina. Una ventina, l’altro ieri, hanno partecipato al pellegrinaggio della cotica in sette soste, una scodella alla volta: under 30 e over 40 l’uno accanto all’altro sul sentiero dei fagiolini.
Un rituale iniziato per gioco nel 2007 che si è consolidato attorno al nucleo dell’associazione culturale Cremonapalloza per aggregare, via via, una schiera crescente di adepti. Volti nuovi che, insieme ai fedelissimi, ogni anno alimentano il turnover della gola. «Ci organizziamo per tempo, anche grazie al tam tam sui social network — raccontano i novelli viandanti della fondina e della paolina —. In città il numero di osterie storiche che servono i fasulìin si sta pian piano assottigliando, ma è anche vero che negli ultimi tempi sono spuntate nuove attività dall’animo rustico, come piace a noi».
Del club fa parte, senza dubbio, la Malintesa, negozio agricolo di vicolo del Cigno immerso nell’atmosfera della bottega antica, fra salumi che pendono dal soffitto e bottiglie di vino schietto che occhieggiano dalle pareti. Qui patron Renato Carletti, ieri, ha servito i suoi fasulìin a clienti di tre generazioni, accomodati attorno al tavolo di legno che sprigiona suggestioni agresti. Ma Carletti non si limita a farsi interprete della cucina del passato per tramandarla ai cremonesi del presente: da vero ambasciatore della sua terra, ha esportato oltreoceano la ricetta dei fagiolini con le cotiche. «In queste ore a Portland, in Oregon, l’osteria Navarre sta preparando i fasulìin — spiega, mostrando la fotografia appena spedita in chat dal locale statunitense —. È l’eredità che ho lasciato dopo sei anni di lavoro in quella cucina. Oggi, dopo vent’anni, il rito non è andato smarrito». Perché i fasulìin sono materia tremendamente seria. Come dire: scherza coi fanti e lascia stare i santi.
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