L'ANALISI
31 Ottobre 2023 - 05:05
Alcune lastre di eternit in una foto d'archivio
MOTTA BALUFFI - Da cinque anni, le lastre di eternit sono ancora ammucchiate nel cortile della loro cascina, la Malcantone, buttate lì da qualcuno che a dicembre del 2018 forzò il lucchetto e abbandonò i rifiuti pericolosi, lascito del rifacimento del tetto di una stalla confinante. Parte dell’eternit lo abbandonarono anche in un’altra proprietà confinante.
Cinque anni dopo, a processo sono in tre: Dumitru Serban, romeno di 57 anni, residente a Casalmaggiore, Fabio Bevilacqua, 27 anni, residente a Villachiara (Brescia) e Valerio Casali , 61 anni, di Casalpusterlengo (Lodi). Sono accusati, in concorso, di aver violato il Codice dell’ambiente e di violazione di domicilio, di essersi introdotti nella cascina Malcantone, in via Europa, di proprietà delle sorelle Severina e Patrizia Arisi, entrambe medici, la prima cardiologa all’Oglio Po, la seconda in servizio al Pronto soccorso dell’Ospedale Maggiore di Cremona, tutte e due parti civili con l’avvocato Isabella Cantalupo. Gli imputati sono anche accusati di essersi introdotti, abbandonando una parte dei rifiuti pericolosi, anche nel terreno adiacente di proprietà di Michele Mazzelli, residente a Concesio (Brescia).
Assistito dall’avvocato Marco Gerelli, Serban è rappresentante della DME, la srl a cui nel 2018 la proprietaria della stalla appaltò il lavoro di rifacimento del tetto. Secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe poi affidato l’incarico di smaltire l’amianto rimosso a Casali, lui legale rappresentante della NewEuro Lattoneria. A sua volta, Bevilacqua, operaio della NewEuro, avrebbe ricevuto da Serban un assegno di 4.800 euro e prelevato l’amianto dalla stalla. Ma anziché smaltirlo, lo avrebbe abbandonato nel cortile della cascina delle sorelle Arisi e nel terreno adiacente di Mazzelli.
Il procedimento nasce dalla denuncia sporta contro ignoti dalla cardiologa Severina Arisi.
Anno 2018. La mattina del 23 dicembre, domenica, la dottoressa si presentò nella caserma dei carabinieri di Scandolara Ravara. Al vice brigadiere spiegò di aver ricevuto alle 10 del mattino del giorno prima, la telefonata del fratello Alcibiade, agronomo, il quale la informò che ignoti avevano abbandonato nel cortile della cascina lastre probabilmente di eternit. Verso mezzogiorno, la cardiologa si recò alla Malcantone e constatò che «su tutto il cortile interno vi erano sparsi mucchi di lastre verosimilmente in eternit», quindi chiamò il fratello, il quale l’assicurò di essere stato in cascina il lunedì 17 dicembre e di «non aver trovato nulla di strano».
«Pertanto — è scritto nella pagina di querela — suppongo che ignoti si siano introdotti all’interno del cortile della cascina, il quale è recintato da un muro perimetrale, mediante l’effrazione del lucchetto posto sul cancello di ingresso, sversando il materiale descritto», probabilmente tra lunedì 17 e sabato 22 dicembre. «Non ho sospetti sul conto di alcuno», disse Severina Arisi.
Le indagini sono culminate nel rinvio a giudizio dei tre imputati.
Il processo entrerà nel vivo il 26 febbraio prossimo. Assistito dall’avvocato Massimo Tabaglio, Casali sostiene che Serban gli chiese di dargli una mano per smaltire l’eternit. Ma il legale rappresentante della NewEuro Lattoneria gli avrebbe risposto che quello non era il suo lavoro, consigliandogli, invece, di rivolgersi alla srl Milano Tagli «che avrebbe provveduto allo smaltimento a proprie spese». Casali non avrebbe più saputo nulla.
Secondo l’accusa, Serban consegnò alla proprietaria della stalla il piano lavori richiesto alla Milano Tagli dalla NewEuro. Al processo si chiarirà come mai Bevilacqua, operaio di Casali, ricevette da Serban un assegno di 4.800 euro per smaltire l’eternit, mai smaltito e da cinque anni nel cortile della cascina Malcantone.
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