L'ANALISI
29 Settembre 2023 - 15:19
CREMONA - Un tributo «di stima e di affetto», questa mattina in Sant’Agata, per don Romeo Cavedo, come ha detto il vescovo Antonio Napolioni introducendo la celebrazione delle esequie, partecipata da una cinquantina di sacerdoti e dai fedeli che riempivano la chiesa nella quale il biblista e teologo, morto mercoledì a 86 anni, aveva maturato la propria vocazione.
«Più che di lui, vorrei parlare con lui», ha esordito il vescovo nell’omelia, avvertendo, con ironia, che «lui potrebbe farsi sentire». Tratteggiandone l’unicità e originalità, ha accostato la figura del defunto a Natanaele definito da Gesù «un israelita in cui non c’è falsità», al ‘suo’ Barzillai «vicino al re Davide pur senza essere cortigiano», o ancora a «un bambino che vuole sapere, con le sue domande e i suoi sogni».
Ha ricordato tra l’altro che scrivendo, alla vigilia dell’ordinazione, al vescovo Danio Bolognini, Cavedo si era così espresso: «Voglia il Signore attuare efficacemente la mia volontà di essere un buon sacerdote».
Di solito — ha osservato — ci si rimette alla volontà di Dio, ma il suo dire «la mia volontà» era un’assunzione di responsabilità, un esercizio di libertà, un provare per tutta la vita lo sforzo della fedeltà anche a se stessi.
«Credente inquieto e trasparente», «maestro autorevole e provocante», presbitero cremonese che «ha sempre desiderato un rapporto di comunione schietto, faticoso, ma autentico» e che «ha lasciato una traccia speciale» anche altrove, nello studio e dell’approfondimento delle Scritture egli non dava «nulla per scontato o superficialmente acquisito», e tutto riconduceva a Cristo «affinché il mondo creda che il Salvatore è venuto», scriveva per la sua prima messa. Accennando agli incarichi nei quali Cavedo ha profuso la propria intelligenza, Napolioni ne ha sottolineato il ruolo nella «formazione di cristiani adulti» e la capacità di amicizia, con un grazie a quanti gli sono stati vicini, e con il rammarico di avere forse «rispettato troppo la sua libertà, e quella solitudine un po’ selvatica che gli era congeniale».
Il vescovo ha concluso augurando «il compimento della sua inesausta capacità di ricerca, non di una risposta che gli tappi la bocca, ma in uno stupore senza fine».
Il rito di commiato ha visto, accanto al feretro, anche alcuni compagni di seminario di don Cavedo che, come lui, divennero preti nel 1961: don Mario Aldighieri, monsignor Felice Bosio, don Angelo Ramella, don Giosuè Regonesi (parroco emerito di Sant’Agata). La salma è stata poi portata al cimitero per la tumulazione nella cappella dei canonici.
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