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Caso Pamiro, il giudice archivia

Il gip: "L’accertata alterazione psicofisica legata all’assunzione della cannabis consente di ipotizzare, più che un intento suicida, un errore di  valutazione". Il legale della moglie: «Per lei è la fine di un incubo»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

06 Settembre 2023 - 19:35

Caso Pamiro: «Fu un suicidio». Il giudice archivia il caso

Mauro Pamiro

CREMA - Quando si arrampicò sul tetto della palazzina in costruzione, prese la rincorsa e si lanciò nel vuoto, era sotto l’effetto di cannabis, sostanza che “aveva assunto poche ore prima del decesso e che assumeva in modo regolare negli ultimi sei mesi di vita”. Più che un intento suicida, “l’accertata alterazione psicofisica legata all’assunzione della cannabis consente di ipotizzare a un errore di  valutazione”.  Lo scrive il Gip nel decreto di archiviazione sulla morte di Mauro Pamiro, 44 anni, il professore di informatica all’istituto Galilei di Crema e musicista, trovato cadavere la mattina del 29 giugno del 2020, lunedì,  nel cantiere edile in via don Primo Mazzolari, a circa duecento metri dalla villetta in via Biondini,in cui abitava con la moglie Debora Stella, indagata - come atto dovuto - per omicidio volontario. 

L’archiviazione arriva dopo due richieste fatte al Gip dal pm Davide Rocco,  titolare dell’indagine condotta dalla squadra mobile e dal commissariato di polizia.
La perizia medico legale aveva già accertato la compatibilità delle lesioni con una caduta dall’alto, avvalorata anche dal test effettuato con un manichino dagli esperti del Politecnico di  Milano. Non solo. Una telecamera riprese intorno alle due di notte Pamiro incamminarsi, solo e scalzo, verso il cantiere.
Secondo la ricostruzione di chi ha indagato, il professore si arrampicò sull’impalcatura, raggiunse il tetto, prese la rincorsa e si lanciò  nel vuoto. Ma i genitori di Pamiro, papà Franco e mamma Marisa, si sono sempre opposti (erano assistiti dagli avvocati Antonino Andronico e Gianluigi Tizzoni). 
Da qui, gli ulteriori accertamenti disposti dal Gip e affidati alla polizia Scientifica di Milano che un anno fa, con il luminol passò al setaccio l’abitazione di via Biondini e l’auto utilizzata dai coniugi Pamiro. Non furono rilevate tracce ematiche, nulla che potesse far ricadere sospetti sulla moglie Debora.
Il Gip parla di “assoluta mancanza di elementi a carico dell’indagata" che confortino la tesi “secondo cui la moglie avrebbe aggredito il marito o che tra i due vi sia stata una colluttazione il pomeriggio o la sera di sabato 27 giugno ed anche che vi sia stato il coinvolgimento di terze persone che abbiano poi trasportato con un mezzo non meglio identificato, il corpo nel cantiere”. 
Il 27 giugno è  il giorno  in cui Pamiro inviò ad un amico alcuni messaggi Whatsapp. Gli scrisse: “Ho capito che cosa devo fare, spero” e “ci vediamo nell’altro mondo”. Nelle 13 pagine di decreto di archiviazione, il gip rimarca, riferendosi alla consulenza tossicologica, ”lo stato di alterazione psichica legata all’assunzione di cannabis che comporta euforia, rilassatezza, alterata percezione del tempo, stati di panico e paranoia“. Pamiro, dunque, “potrebbe aver deciso di saltare,  valutando in modo errato l’altezza dell’edificio”.
"Il provvedimento pone la pietra tombale su una ingiusta persecuzione cui è stata sottoposta la signora Stella in questi tre anni. È  stata una vera e propria persecuzione. Ringrazio la Procura di Cremona e il Gip che hanno gestito tutto il procedimento con grandissimo scrupolo e con grande professionalità”, ha commentato l’avvocato Mario Palmieri, difensore della moglie del prof. Pamiro.
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