L'ANALISI
03 Agosto 2023 - 08:24
Giorgio Rampi è il nuovo presidente dell'Anffas Cremona
CREMONA - Al polso destro un braccialetto azzurro con la frase «I limiti sono negli occhi di chi guarda». È un regalo di Amedeo Diotti, lo storico presidente dell’Anffas scomparso nel maggio scorso del quale oggi Giorgio Rampi ha raccolto l’eredità alla guida dell’Associazione di via Gioconda. Eredità che corre dentro un solco profondo tracciato oltre vent’anni fa «entrato come una cannonata nel complesso mondo della disabilità — esordisce Rampi —. Amedeo ha spalancato porte fino a quel momento solo socchiuse, facendo sua l’eredità di Paolo Morbi, il fondatore di Anffas Cremona. Ha fatto uscire i disabili dal chiuso delle loro case dando un futuro e per quanto possibile una autonomia, ha supportato le famiglie in un percorso pieno di ostacoli, vergogna, pregiudizi e si è battuto per la tutela dei diritti».
Impronte indelebili, le sue, che i volontari, da oggi un po’ più soli, sono già pronti a ricalcare. Soli soltanto fisicamente, in realtà la sua presenza è ovunque, insieme alle certezze di come proseguire l’opera da lui iniziata. La frase del braccialetto è già un cambio di prospettiva che ci regala un nuovo punto di vista: «La disabilità non riguarda gli altri, abbiamo tutti delle disabilità a volte fisiche, a volte mentali e altre volte del cuore. Se lo teniamo a mente sarà più semplice ricordare che nessuno di noi è la propria disabilità, ma è una persona», prosegue Rampi, «e come tale ha diritti, doveri, opportunità. Amedeo teneva tantissimo che questi fossero riconosciuti le pietre miliari dell’associazione. Il futuro di Anffas non potrà prescindervi, a iniziare dalla tutela dei diritti per la quale combattiamo ogni giorno. Ciascuno di noi è padrone della propria vita, soprattutto le persone con disabilità che — insieme alle loro famiglie — devono combattere appena nate. Un percorso logorante, sfiancante. Ecco perché mi piacerebbe che Anffas fosse dappertutto e dappertutto facesse sentire la sua voce. In tribunale come amministratori di sostegno, esperienza che si è conclusa con il Covid ma continua a distanza, oppure nei Comuni o ancora nelle aziende sempre a tutela dei diritti di chi, da solo, non ha possibilità di farcela».
Realizzare la vera e completa integrazione della persona disabile nella vita sociale, favorirne la mobilità e l’autonomia, garantirne l’istruzione, sono i campi di azione necessaria. La disabilità non è una condizione estranea alla società. Ne fa parte. «E alcuni passi sembrano essere nella giusta direzione. Ad esempio il dibattito che inizia finalmente ad aprirsi su un tema finora tabù, come quello della sessualità delle persone disabili e quello, altrettanto importante, del dopo di noi», aggiunge Rampi. Barriere mentali e sociali fanno più male di quelle architettoniche. «I disabili hanno il diritto di avere un posto nella società, ma quello che troppo spesso manca è l’uguaglianza, nel senso che il disabile non viene considerato una persona ‘normale’ anche se lo è», conclude il presidente di Anffas. Nel fumetto di una vignetta di Vauro, una persona si domanda come deve chiamare un uomo in carrozzina secondo le regole del politically correct: handicappato? disabile? diversamente abile? non deambulante? «Veramente mi chiamo Filippo», gli dice l’altro. Ed è contro questo che tutti dobbiamo batterci, per rivendicare il diritto delle persone con disabilità a vivere una vita normale, lontano da falsi pietismi e dalla colpevole indifferenza del mondo.
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