Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

CARCERE: LA STORIA

Detenuto pittore e bibliotecario: «Combatto lo sconforto grazie a libri e pennelli»

Mohamed è uno dei protagonisti della mostra ‘Artistica-mente. Opere dal carcere di Cremona’ inaugurata ieri mattina nel giardino terapeutico di Casa Medea

Mariagrazia Teschi

Email:

mteschi@laprovinciacr.it

14 Giugno 2023 - 05:15

Detenuto pittore e bibliotecario: «Combatto lo sconforto grazie a libri e pennelli»

Mohamed uno dei carcerati autori delle opere esposte a casa MEDeA

CREMONA - «Al momento il mio corpo appartiene allo Stato italiano ma la mente no, appartiene a me. E se mi appartiene, allora devo imparare a gestirla. L’ho fatto. E se mi viene un po’ di sconforto, non depressione, sconforto, magari un po’ d’ansia, incomincio a mettere in movimento prima la testa e poi le mani. Funziona». Indossa con leggerezza un berretto alla francese da pittore, un po’ inclinato sul viso, la visiera al contrario, Mohamed, uno dei detenuti-pittori protagonisti della mostra ‘Artistica-mente. Opere dal carcere di Cremona’ inaugurata ieri mattina nel giardino terapeutico di Casa Medea, a due passi dalla un’altra ‘casa’, quella in cui sta scontando la pena, diventata definitiva, per un reato commesso anni fa.

‘Non siamo vuoti a perdere’ è opera collettiva dei detenuti protetti 

«Ho un debito da pagare, è ovvio che non posso lamentarmi. Chi sbaglia deve pagare, vale per me e anche per le persone più importanti». Mohamed ha avuto il permesso di partecipare al taglio del nastro cimentandosi lungo il percorso espositivo — una quarantina le opere esposte — in veste di cicerone, con grande abilità, padronanza della materia e della lingua italiana, che parla con un lieve accento francese. Grande appassionato di lettura, da alcuni anni è il responsabile della biblioteca del carcere; ha una inclinazione naturale per la pittura, scoperta frequentando i laboratori di arteterapia che Valeria Pozzi tiene da tempo a Cà del Ferro.

«Libri in italiano, ma anche inglese, francese persino cinese: romanzi, saggi, narrativa, molti fumetti. I detenuti mi chiedono consiglio, cerco di capire la persona che mi sta davanti, che livello di studi o conoscenza ha, e poi propongo. In genere cerco di offrire libri in lingua italiana: è giusto che chi non la conosce bene la impari. La conoscenza fa crescere, ti inserisce nella piccola società del carcere e poi in quella che ci aspetta fuori. L’Italia ha bisogno di lavoratori ma anche di cittadini. Almeno io la penso così».

Stefano Bello, Maurizio Lanfranchi, Rossella Scatizzi, Rossella Padula Valeria Pozzi e Saverio Giuseppe Masi


I laboratori condotti da Pozzi sono rivolti sia ai detenuti protetti (che per il tipo di reato commesso non possono vivere insieme alla popolazione detenuta) e i comuni. Il gruppo dei protetti è l’autore di una grande tela dal titolo emblematico ‘Non siamo vuoti a perdere’. «Vogliono dire al mondo che non sono da buttare nonostante tutto — spiega Pozzi — che il desiderio di riparare e essere reinseriti nella società c’è ed è molto forte». Una sezione della mostra è dedicata ai detenuti fragili psichicamente (grandi tele a olio o tempera dai colori brillanti e le pennellate spesse e dense), la maggior parte delle opere, invece, è frutto dell’abilità dei detenuti comuni, che sulla tela buttano i ricordi del passato, il loro vissuto biografico, cosa vorrebbero vedere fuori dalla finestra che non siano sbarre o muri.

Gli allievi di Pozzi sperimentano le tecniche più diverse (tempera, carboncino, acquerello, olio, pastello, gessetti) nel figurativo come nell’astratto che aiuta a «esprimere liberamente ciò che, fuori dalle sovrastrutture, è la lingua della mente, lo stream of consciousness». Nel dipinto ‘lo specchio’ un musicista con la chitarra stretta in mano balza fuori urlando da una macchia rossa e gialla, l’esito di una esplosione, il caos, la guerra. La tela è divisa in due, e nella parte inferiore rapide pennellate di tanti colori disegnano un mondo dove trionfano pace, bellezza, serenità.

Prove di autoritratto. Nei laboratori si sperimentano le diverse tecniche 

L’ha realizzata Moahamed insieme a due paesaggi che gli sono venuti così, senza pensare, di getto. In uno c’è il mare, una coppia innamorata seduta sulla panchina sotto la luce di un lampione. L’altro è un lungo sentiero che si inoltra in un bosco, ai lati alberi altissimi a raffigurare un abbraccio. Laggiù, in fondo al tunnel, una luce sfolgorante. Non ci sono presenze umane, perché il dipinto non è «autobiografico ma lo dedico a tutti quelli che si sono trovati dentro a un tunnel. Per disperazione, dipendenze da acol o droga. Ci vuole tanto lavoro e tanta pazienza ma una via d’uscita si trova. La pittura ci permette di raccontare quello che non riusciamo a esprimere con le parole».

Da Rossella Padula, direttrice del carcere, l’elogio per il lavoro svolto da Pozzi e i risultati raggiunti dal carcerati-pittori unito al ringraziamento rivolto a tutti gli operatori, volontari e non. Le cornici che ‘vestono’ le tele di Artistica-mente escono dal lavoratori di falegnameria tenuto in carcere da Maurizio Lanfranchi, vicepresidente di Medea. Una comunanza di intenti e obiettivi che unisce due realtà capaci di accogliere e accompagnare storie di sofferenza e riscatto.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400