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Cabine telefoniche: altro che eliminarle, dovrebbero essere tutelate

Ricordo quando il telefono aveva il suo carattere

Giovanni Ratti

01 Giugno 2023 - 05:25

Altro che eliminarle, dovrebbero essere tutelate. Ricordo quando il telefono aveva il suo carattere

CREMONA - Altro che eliminarle: le ultime cabine del telefono dovrebbero essere messe sotto la tutela delle belle arti, i maestri ci dovrebbero portare le scolaresche come davanti alle statue di Garibaldi. Vedete, bambini, questo è il monumento che ricorda un’epoca lontana e ormai perduta, l’epoca in cui la gente telefonava solo quando aveva qualcosa da dire. So di essere fuori tempo massimo per salvarle, ma buttarle via è quasi come far demolire dalle ruspe una domus romana. Sono reperti archeologici dato che con la storia che va sempre più di fretta anche i tempi dell’archeologia sono sempre più stretti.

Che poi anche qui ci sono le stratificazioni e mi sa che non ne esistono nemmeno più quelle che dico io, quelle con i telefoni a gettone: le ultime andavano a scheda o a moneta, e non erano nemmeno più vere cabine, piuttosto dei telefoni con lo stecco come i ghiaccioli e il tettuccio, poi la GGM (Grande Glaciazione Mentale) le ha spazzate via quasi tutte e le superstiti sembrano dinosauri risparmiati dall’estinzione ma paralizzati dall’improvvisa inutilità, mentre intorno brulicano quelle scatolette che hanno fregato il lavoro a loro, alle macchine fotografiche, ai bloc notes, agli orologi, alle calcolatrici, ai calendari, alle cartine geografiche e alle carte da lettera, alle cartoline e a chissà quante altre categorie di onesti lavoratori.

Tempi duri, per le cabine: già in quelle elettorali si infila sempre meno gente, ma in quelle telefoniche ormai ci entra solo il vento. Però, scusa, ma che fastidio danno? Certo occupano un po’ di spazio sui marciapiede dove fra pedoni ciclisti e monopattinisti il posto per tutti non c’è più. Qualcosa bisogna eliminare, fosse per me rimetterei bici e monopattini sulla strada ma dato che nessuno chiede mai il mio parere, e dato che a questo mondo chi sta zitto ha sempre torto e a loro non gli suona più il telefono nemmeno perché uno ha sbagliato numero, tocca proprio a loro.

E dire che hanno una storia anche nel cinema: ti ricordi l’agente segreto Max Smart che entra nella cabina del telefono che in realtà è l’ingresso della sede segreta del Control? Ti ricordi quei film in cui scoppiava una bomba se il protagonista non rispondeva a una certa cabina pubblica che non ho mai capito come si facesse a sapere che numero ha una cabina? Certo uno sforzo per farle un po’ più belline si poteva fare, non si pretendeva il fascino di quelle inglesi ma il meidinìtali ha dato di meglio in altri campi. Però qualche merito sul campo se lo sono guadagnato: conosco almeno una relazione sentimentale salvata in extremis da una telefonata fatta alla disperata da un mio amico alla morosa dal telefono pubblico, i suoi a casa avevano il famigerato duplex con una vicina chiacchierona che quella sera non mollava la linea e l’ultimatum delle ragazza stava drammaticamente scadendo.

Che allora non si parlava di intelligenza artificiale ma ognuno di quei telefoni pubblici aveva il suo carattere, ce n’era uno particolarmente dispettoso sul viale Po che si mangiava il gettone, e se provavi a scuoterlo per farglielo sputare andava in tilt come i flipper. Per me l’epoca d’oro dei telefoni pubblici è quella dei gettoni, quei tondini scanalati con cui ti pagavi le telefonate.

Quando ero soldato, nei giorni di licenza andavo alla stìpel, sotto il portico a fianco della Casa di bianco a fare scorta: vendevano quelle specie di pile fatte di gettoni. E alla sera in caserma ci si metteva in fila davanti all’unico telefono a gettoni di fianco allo spaccio aspettando con pazienza che toccasse a te. Ma era divertente perché ci si sfidava a indovinare a chi telefonava quello di turno, c’erano una frequenza un tono e una durata per ogni occasione, frequenza settimanale voce alta e al massimo due gettoni uguale genitori, frequenza quasi quotidiana voce bassa ed esaurimento scorta gettoni uguale morosa vecchia, frequenza quotidiana mugolìi strane smorfie e disperata richiesta di gettoni supplementari ai commilitoni in attesa uguale morosa nuova; fila fatta due volte e voce stile ‘piange il telefono’ morosa stufa.


Poi, a un certo punto, nelle cabine sono comparsi anche gli elenchi telefonici con i numeri di tutta la provincia e le pagine gialle, che però ogni volta che ne avevi bisogno scoprivi che qualcuno aveva strappato proprio la pagina che serviva a te. Roba vecchia, di cui adesso sparisce anche l’ultima traccia. Restiamo noi che c’eravamo, a poterne parlare. Ma io come testimone non valgo una cicca. Pensa che non mi ricordo nemmeno più quando è stata l’ultima volta che uno per strada mi ha chiesto ‘scusa, ce l’hai un gettone?’.

 

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