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AL FIANCO DELL'EMILIA ROMAGNA

Alluvione, professore angelo del fango: «L’aiuto per me è un dovere»

Custode, docente alla Virgilio, visse il terremoto in Irpinia e ora è a Faenza: «Non posso non dare una mano»

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

30 Maggio 2023 - 05:20

Alluvione, professore angelo del fango: «L’aiuto per me è un dovere»

Il docente Francesco Custode (in primo piano) al lavoro a Faenza

CREMONA - È un richiamo quasi istintivo, una necessità quasi fisica, un imperativo categorico. Francesco Custode non sa e non può sottrarsi dal portare il suo aiuto, laddove le popolazioni sono vittime di disastri naturali. E così Custode, insieme ad Andrea Colazzo, entrambi docenti alla media Virgilio, ha deciso di dare il suo contributo partendo per Faenza lo scorso fine settimana. «Ci siamo registrati sul sito del Comune di Faenza, gestito da Emergency — racconta —. Al nostro arrivo in città e i volontari di Emergency ci hanno indicato dove andare. Noi siamo intervenuti in due abitazioni in via Angelo Lapi, allagate per il straripamento del Fiume Lamone».

Andrea Colazzo e Francesco Custode con la pala in mano


Custode non nasconde che la sua attenzione alle problematiche legate alla Protezione civile e la necessità di portare aiuto laddove comunità sono ferite da catastrofi naturali nasca dalla sua storia personale: «Io sono originario di Castelnuovo di Conza, in provincia di Salerno, epicentro del sisma dell’Irpinia del 23 novembre 1980. Allora ero ragazzino. Ho vissuto per sette anni in situazioni precarie, mi sono laureato in architettura e alla fine sono riuscito a ricostruire la casa della mia famiglia — racconta —. Ho in mente la paura e la devastazione del sisma, quelle immagini sono impresse nei miei occhi. Tutto questo per me ha avuto un peso fortissimo, ha condizionato la mia vita. Anche per questo mi occupo da tempo di Protezione civile e faccio parte della Struttura Tecnica Nazionale in qualità di agibilitatore. Sono stato volontario agibilitatore a Valle Castellana nel sisma di Amatrice. Sono stato sindaco del mio Paese comprendendo l’importanza della Protezione civile».


Passato e presente si intrecciano alle immagini della devastazione dell’Emilia Romagna: «Abbiamo percorso quasi 500 chilometri e spalato fango per sei ore — racconta —. La stanchezza c’era al ritorno, ma più ha potuto il senso di appagamento, sentivo che lì ci aspettavano. La gente della Romagna sa essere fiera e sorridente anche di fronte a una tale sciagura. Ho visto culle, giochi, libri, le memorie di una vita mescolarsi di terra scura e diventare tonnellate di rifiuti. A spalare fango ci sono ragazze e ragazzi arrivati da tutta Italia, hanno lavorato senza sosta, non c’era parte del loro corpo non coperto di argilla che diventata sempre più dura. L’Italia è fragile e a pagare sono sempre i più deboli: questa la considerazione che mi è nata spontanea. Continuiamo a cementificare e la natura poi si ribella e si riprende quello che le è stato sottratto. Queste storie ti segnano, ma ti fanno capire che c’è tanta gente disposta a tutto per aiutare gli altri in silenzio, sono angeli nascosti. È stato bello poter dare una mano».

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