L'ANALISI
14 Aprile 2023 - 15:35
ROMA - Aumenta in Italia il numero di nuove diagnosi di tumore della vescica. Solo nel 2022 sono state 29.200 e si è registrato un +8% di casi l’anno rispetto al 2017, quando erano 27.000. I più colpiti risultano gli uomini (oltre 23mila) ma crescono in cinque anni dell’11% anche i casi femminili. Sotto accusa soprattutto gli stili di vita scorretti, a partire dal fumo di sigaretta che è responsabile del 43% delle patologie neoplastiche uroteliali maschili e del 25% di quelle femminili. Lo evidenzia la Ficog (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups) durante un convegno a Milano. Per gli esperti inoltre non va dimenticato che quando si riesce ad ottenere una diagnosi precoce, la sopravvivenza a cinque anni è dell’80% anche grazie agli ultimi progressi delle terapie.
«Il principale campanello d’allarme è la presenza di sangue nelle urine - rileva il professor Giuseppe Procopio, dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano -. È un sintomo evidente che deve essere segnalato il prima possibile al proprio medico e allo specialista urologo. Nel 75% dei pazienti la malattia si presenta allo stadio iniziale ed è confinata alle parti superficiali della parete vescicale. Possiamo così intervenire chirurgicamente con buone opportunità di guarigione. Di più difficile gestione sono invece i casi metastatici che ammontano in Italia a circa a 7.300 l’anno. Per questi malati le opzioni terapeutiche al momento sono ancora piuttosto limitate».
Ficog ha attivato il primo registro nazionale sul carcinoma uroteliale metastatico, con il supporto non condizionante di Gilead Sciences. «Siamo riusciti a coinvolgere - sottolinea il professor Carmine Pinto, presidente Ficog - oltre 50 centri con una copertura uniforme del territorio nazionale. Lo studio Saturno è multicentrico, prospettico e si pone l’obiettivo di raccogliere dati riguardanti la gestione dei pazienti con carcinoma uroteliale metastatico sottoposti a trattamento attivo o ad una terapia di supporto in linea con le raccomandazioni nazionali e internazionali. Attraverso un monitoraggio, e una successiva elaborazione dei dati, vogliamo produrre nuove evidenze scientifiche circa l’efficacia delle cure». (ANSA)
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