L'ANALISI
12 Marzo 2023 - 05:10
CREMONA - In aula si studieranno «Faccetta nera» e «Bella ciao»: il progetto di due docenti della scuola primaria Bissolati scatena la protesta dei genitori di una classe quinta.
L’ira di mamme e papà esplode contro il brano divenuto inno del regime fascista: «È una canzone ignobile e non andrebbe insegnata a dei bambini delle elementari», dice una madre. E un padre rilancia: «La storia non può essere spiegata con ‘Faccetta nera’». E ancora: «Il testo parla chiaro», dichiara un genitore, citando a memoria le parole della marcetta delle «Camicie Nere» pronte a vendicare «gli eroi caduti» e a liberare la «bell’abissina».
Il confronto è incandescente e i pareri scettici si accavallano alle contestazioni più dirette. Sulla base di quanto spiegato da alcuni genitori, il progetto — presentato durante l’ultimo interclasse — prevede un approccio apolitico secondo una prospettiva didattica di tipo esclusivamente storico. Buona parte delle mamme e dei papà non gradisce comunque. La dirigente dell’istituto comprensivo Cremona Due, Daniela Marzani, sottolinea: «Non si tratta di un progetto ufficiale perché non è inserito nel piano dell’offerta formativa, altrimenti ne sarei a conoscenza. Se l’iniziativa è stata proposta durante l’interclasse, non è comunque stata approvata».
«Faccetta nera» è una canzone popolare considerata tra i simboli del fascismo e del colonialismo. Senza dubbio si tratta di uno dei brani più controversi della storia della musica italiana. Il testo racconta di un soldato italiano in partenza per l’Abissinia che promette «un’altra legge e un altro re» a una «moretta» dell’odierna Etiopia. La canzone non nasce, però, come celebrazione del fascismo, tanto che Benito Mussolini tentò di farla bandire per l’esplicito (e poco imperiale) movente interetnico. Fu sulla scia di quell’idea che piega la musica (e le le arti in genere) a scopi politici che «Faccetta nera» si trasformò in un elogio musicale al Ventennio. E, per questo, nell’immaginario collettivo tutt’oggi si contrappone a «Bella ciao», canto partigiano per antonomasia. Anch’esso tutt’altro che esentato dalle polemiche. Specialmente in anni recenti il brano legato a doppio filo alla Resistenza è finito al centro di accesi dibattiti perché reputato «divisivo»: gli ultimi episodi di respiro nazionalpopolare hanno coinvolto, da un lato, Laura Pausini, che si è rifiutata di intonare «una mattina mi son svegliato», dall’altro Levante, che durante la conferenza stampa del Festival di Sanremo non si è sottratta all’invito di cantare la melodia «resistente». Dalla ribalta nazionale ai banchi di scuola di provincia, il cortocircuito resta «bruciante».
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