L'ANALISI
SONCINO. DIARIO DI VITE
01 Marzo 2023 - 18:02
Massimo Cavallari
SONCINO - Tre giorni dopo la strage dei migranti di Crotone, nel borgo arriva una nuova forte testimonianza dal Mediterraneo. È quella di Massimo Cavallari. Il soncinese giornalista, documentarista e foto-reporter, ha trascorso 40 giorni e 40 notti, tra ottobre e novembre, a bordo della nave-soccorso Humanity1, al centro della polemica sulla meccanica dei «porti sicuri» che ha visto le Ong contrapposte al ministro Piantedosi, e ha trasformato la sua esperienza «dal fronte» in un libro, Acquaintance, che presenterà nei prossimi giorni in filanda.
Il reportage di Cavallari sui soccorsi in mare gli è valso il plauso della critica internazionale. Le foto raccontano il calvario dei migranti ma anche, e soprattutto, le sfaccettature di due umanità a confronto.
«È stata la mia prima volta nel Mediterraneo – racconta il reporter –. Seguo da sempre i temi dell’immigrazione e dell’ambiente. Da tempo cercavo di imbarcarmi sulle navi delle Ong. Lo scopo era quello di trovare delle immagini diverse rispetto a quelle a cui ci ha abituato la narrativa tradizionale».
Non solo lavoro, più una missione sociale: «Nel 2015 ci volle l’immagine straziante della morte di Alan Kurdi, il bambino immortalato senza vita sulla spiaggia, per sensibilizzare su questa tematica. Poi ancora sono serviti morti e dispersi dopo il naufragio dei giorni scorsi. Nel nostro lavoro, credo, bisogna tenere alta l’attenzione e combattere quell’immaginario e quella retorica che dopo un po’ stancano e portano il lettore o l’osservatore al disinteresse, la condizione peggiore. Io non pretendo di aver trovato la nuova chiave di lettura, la migliore, ma è da qui che è nata la mia idea di salire sulla Humanity e da qui nasce il mio progetto Acquaintance».
Meno cronaca, più diario di bordo. Forse meglio, diario di vita. O di vite: «A dispetto di quanto si possa immaginare, il mio reportage e il mio viaggio non hanno tanto a che fare coi salvataggi in mare in quanto tali, mi sono voluto concentrare invece sulle storie delle persone e soprattutto sui rapporti che si creano tra esseri umani. Quel legame tra le persone che utilizzano il privilegio di essere nati dalla parte giusta del mondo e si mettono sullo stesso piano di chi cerca disperatamente una nuova vita».
Lo stesso Cavallari, non certo inviato di primo pelo, ha percepito la potenza e la pressione del contesto. Un’esperienza che ti cambia dentro: «Siamo rimasti io e la mia fotocamera, per quaranta giorni, con persone che non avevo mai conosciuto e che non si conoscevano nemmeno fra loro. E dopo i salvataggi siamo diventati duecento. Cambia il modo di vedere le cose, cambia il modo di costruire rapporti quando il tuo spazio si riduce a sessanta metri per undici e intorno a te, oltre a quei volti, c’è solo il mare».
Con lui, di gommone sgonfio in naviciattola improvvisata, saliranno giorno dopo giorno uomini dal Bangladesh, dall’Egitto ma soprattutto tantissimi giovani dal Gambia. Hanno tutti poco più di 18 anni. «Per questo ci hanno soprannominato la nave dei bambini – racconta –. Quella rifiutata da Malta, rimbalzata in Italia di porto in porto e ignorata per 21 volte».
Il risultato è un libro. Una serie di fotografie. Ma non solo questo. Dietro c’è un pensiero, un’emozione che Cavallari vuole trasmettere: «Il risultato dei 40 giorni di navigazione è un’analisi di quanto la bolla sociale dell’essere umano abbia la capacità di adattarsi a seconda degli spazi fisici e delle persone con cui interagisce. Vuole essere – chiosa il giornalista soncinese – un reportage fotografico che racconta la storia di un confine, di esseri umani che lo attraversano e del rapporto tra loro».
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