L'ANALISI
14 Febbraio 2023 - 05:00
Nelle urne tutto come previsto ma, quanto all’affluenza, molto ma molto peggio di come si era temuto. La Regione si è confermata incontendibile: pure se si fossero unite tutte le opposizioni, il risultato finale non sarebbe cambiato. Attilio Fontana vince con largo distacco e si conferma Governatore, anche se i nuovi equilibri della coalizione rischiano di azzopparlo. La Lega ha evitato il patatrac e salvato il posto da leader a Matteo Salvini. Ora si deve uscire dall’equivoco e parlare di destra-centro e non più di centro-destra.
Tanto è vero che Daniela Santanchè ha già piantato i paletti: FdI, che si conferma primo partito pur restando lontano da quel 30% attribuito dai sondaggi, chiede la vicepresidenza del governo della Regione oltre a otto assessori. Cioè la maggioranza della giunta. Andando a vedere che cosa succede dall’altra parte, si deve riconoscere a Pierfrancesco Majorino il merito d’essere riuscito a limitare i danni, che alla vocazione endemica a essere perdente dalle nostre parti della sua coalizione ha dovuto aggiungere il rischio di pagare pegno alla confusione sull’identità dei dem, alle prese con l’ennesima rifondazione. Si auto incoraggia, Majorino, con un «comunque mi fa molto piacere vedere che abbiamo il maggiore consenso nell’ambito giovanile».
Un viatico in chiave futura. Poche parole sui Cinque stelle: si accentua il fenomeno della pre-agonia nella quale versa il Movimento in Lombardia, dove non è mai riuscito a fare tendenza. Del Terzo Polo si può parlare solo in chiave di testimonianza: la salita sulla barca di Letizia Moratti (destinata a restare sull’uscio di Palazzo Lombardia) non sembra aver emozionato granché l’elettorato.
Anche i più ottimisti sapevano bene che si sarebbe trattato di una presenza più che altro accademica, che il cammino della neonata alleanza tra Matteo Renzi e Carlo Calenda è solo all’inizio, che il vero obiettivo sono le prossime elezioni europee e le politiche. La partenza è stata però in salita e malumori per la scelta di una candidato presidente che non ha portato valore aggiunto affiorano già. Pentastellati a parte, tutti sembrano avere qualche motivo consolatorio. Ma è un auto inganno collettivo. La Lombardia ha toccato il record di assenteismo (alle urne solo 41,6% degli elettori), però molti dei politici intervistati ieri nelle mille dirette televisive hanno iniziato i loro commenti con un terrificante «al di là della scarsa affluenza al voto...».
Terrificante sì, perché indica che si guarda la punta del dito ignorando dove sta la luna, segnale della mancanza di consapevolezza che la disaffezione al voto «si innesta su una crisi della politica, sulla dissociazione tra rappresentati e rappresentanti», come ha giustamente ammonito il sondaggista Roberto Weber. Una «dissociazione» che per fortuna non ha contagiato i due principali competitor alla poltrona numero uno di Palazzo Lombardia: Fontana e Majorino si sono dichiarati pronti a darsi da fare per colmare il divario tra politica e cittadini. Al di là dei rispettivi ruoli nel futuro consiglio, un terreno di lavoro comune. Conviene a loro, ma anche a tutti noi, che lo coltivino.
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