L'ANALISI
LA CELEBRAZIONE
06 Gennaio 2023 - 18:18
CREMONA - La ricerca, l’irruzione e la percezione di Dio nella nostra vita, la concretezza, il valore della vita nascosta. Sono i ‘sentieri’ indicati dal vescovo Antonio Napolioni stamattina in Duomo nell’omelia del pontificale dell’Epifania, concelebrato con i canonici del Capitolo e i sacerdoti dell’unità pastorale, e accompagnato dai canti del coro della Cattedrale e, all’organo, dal maestro Fausto Caporali. Subito dopo il Vangelo - che rievocava il viaggio e l’adorazione dei Magi - don Graziano Ghisolfi, secondo la tradizione liturgica, aveva annunciato in canto la data della Pasqua 2023: cadrà domenica 9 aprile (e quest’anno coinciderà per cattolici e ortodossi, ndr), mentre il 22 febbraio, con il mercoledì delle Ceneri, avrà inizio la Quaresima.
«La gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà» - così incomincia l’annuncio della Pasqua – e da lì ha preso spunto monsignor Napolioni. Certamente – ha osservato – negli eventi della liturgia si manifesta e si attualizza «l’oggi di Cristo per noi». Ma questo sembra non bastare, perché constatiamo che il mondo non cambia. Eppure «la parte di Dio c’è tutta» e ripropone a noi la domanda di Pentecoste: «Noi cosa possiamo fare?». Forse non ci rendiamo conto quando recitiamo il Padre nostro di quanto quel pane quotidiano che chiediamo al Padre di darci ‘oggi’ non sia soltanto quello materiale, ma anche quello della sua mensa e della sua Parola.
Nell’Epifania, ha spiegato il presule, la Chiesa celebra non una ma tre manifestazioni di Cristo e della sua gloria: quella ai Magi, quella del Battesimo ricevuto da Giovanni, quella delle nozze di Cana. Tre avvenimenti, tre Vangeli, dai quali il vescovo ha ricavato i ‘sentieri’ proposti ai fedeli ‘per fare la nostra parte, per fare esperienza della gloria del Signore’. La ricerca è desiderio, è il lasciarsi provocare dai segni, pur non sempre chiari (come la cometa per i Magi), interpretarli, alimentare il discernimento non solo di ciò che ci angustia ma anche di ciò che ci appassiona. Un discernimento che può essere fatto aiutandoci e nel dialogo, senza pregiudizi, tra generazioni diverse. Del resto anche i Magi venivano da un Paese lontano e da culture diverse rispetto a quella ebraica. E qui il presule ha voluto ricordare e portare ad esempio Benedetto XVI che è stato sì «un grande teologo, ma anche un cercatore di Dio, mai chiuso in se stesso».
Quando poi Gesù va a farsi battezzare sul Giordano, il Padre rivela: «Questi è il mio Figlio diletto, ascoltatelo». Da qui l’invito a percepire Dio nella storia, un Dio che ci sorprende e ha in serbo «un infinito amore per il creato e soprattutto per noi uomini e donne». Il terzo Vangelo, quello delle nozze di Cana, ci presenta la sollecitudine di Maria, quella di una madre, pur nell’iniziale riluttanza di Gesù a far emergere subito la propria «dignità messianica».
È la stessa sollecitudine che dovrebbe guidare i cristiani di fronte alle sfide del nostro tempo: la pace, la giustizia, il destino delle nuove generazioni. A queste tre indicazioni monsignor Napolioni ne ha aggiunta una quarta. Tra la manifestazione ai Magi e il Battesimo di Gesù passano trent’anni, i Vangeli nascondono il periodo della sua crescita, della sua vita a Nazaret. Possiamo impararne «l’umiltà feriale nella concretezza della vita nelle nostre case, e nelle piccole cose quotidiane fatte bene e con dedizione». Così da divenire noi stessi manifestazione e «sacramento» della gloria di Dio.
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