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LA VILLA DI PALAZZO PIGNANO

Arriva l’Sos degli archeologi: «Soldi finiti, scavi a rischio»

I reperti del IV-VI secolo dopo Cristo sono stati esplorati solo in minima parte e potrebbero celare altri «gioielli»

Dario Dolci

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redazione@laprovinciacr.it

02 Novembre 2022 - 08:51

Arriva l’Sos degli archeologi: «Soldi finiti, scavi a rischio»

PALAZZO PIGNANO - «Venerdì sarà l’ultima giornata di scavi. Poi, il sito archeologico che ha portato alla luce la grande villa di epoca tardo antica del IV-VI secolo dopo Cristo, esplorata ancora in minima parte, rischia la chiusura per mancanza di fondi». A dirlo a chiare lettere è l’archeologa offanenghese Marilena Casirani, che nei giorni scorsi ha tenuto una conferenza con Furio Sacchi, docente dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nella sala Cremonesi del museo civico, promossa dall’associazione ex alunni del liceo classico Racchetti.

L’importante area è stata interessata, a partire dal 2016, da campagne annuali di scavo condotte in regime di concessione dal Dipartimento di Storia, Archeologia e Storia dell’Arte della Cattolica. Le nuove ricerche hanno permesso di implementare lo stato delle conoscenze su questo sito archeologico, finora noto solo per la villa. Grazie alle indagini più recenti, è stato possibile verificare che la residenza tardo antica fu preceduta da una villa-fattoria che conobbe una serie di trasformazioni tra il I e il III secolo dopo Cristo.

«All’inizio c’era don Benedetto Tommaseo – spiega Casirani – che ci aiutava a trovare sponsor. Ora è solo l’università a mettere fondi, ma non bastano. L’area è molto vasta, circa 6 ettari. Non la si può aprire tutta, ma si possono fare interventi mirati per risolvere dubbi che ancora permangono. Dove c’è uno stato di conservazione consistente, si restaura, si copre e si rende visibile al pubblico». Nei sette anni di scavi sono molti i reperti ritrovati: «Monete, frammenti di statue, marmi pregiati, elementi in metallo. L’aratura del terreno agricolo ha distrutto molto. In origine era una villa molto lussuosa».

L’archeologa spiega che fine fanno i reperti: «Prima vanno nel laboratorio dell’università. Poi la Soprintendenza decide la loro collocazione, o all’Antiquarium o al museo di Crema, ma servono spazi e spiegazioni per renderli fruibili. La Regione vorrebbe ricollocare i mosaici che erano stati portati in questi due luoghi, ma mancano le risorse». Senza finanziamenti, Sacchi fermerà gli scavi per pubblicare la rendicontazione di questi sette anni. «Se invece arrivassero dei fondi – precisa Casirani - andremmo avanti a esplorare». Antonio Agazzi, dell’associazione ex alunni Racchetti e ex consigliere comunale, si era già interessato in passato per trovare sponsor e si sta di nuovo dando da fare. Il futuro del sito archeologico passa dalla generosità dei cremaschi.

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