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CREMONA: L'INCONTRO IN CARCERE

Il libro dei detenuti: «Vittime e carnefici»

Davanti ad autorità e studenti il confronto con l’ex pm di Mani Pulite Colombo. «Conosco i vostri drammi, le strade che state percorrendo qui sono necessarie»

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

25 Ottobre 2022 - 09:05

Il libro dei detenuti: «Vittime e carnefici»

Un momento dell’incontro nel teatro del carcere con l’ex pm Gherardo Colombo

CREMONA - Prima saluta: «Buongiorno!». Poi, nel Teatro di Cà del Ferro, davanti alle autorità, agli studenti delle Torriani e del Ghisleri, ai suoi compagni di detenzione — soprattutto davanti a Gherardo Colombo, l’ex pm del pool di Mani Pulite che ha lasciato la magistratura — Lorenzo, in carcere da un anno e mezzo, si mette a leggere: «Non vogliamo passare vittime della società o delle nostre storie. Noi siamo gli stessi che han fatto di tutto per ottenere benefici. Siamo quelli che si dichiaravano innocenti, guardando negli occhi le vittime dei nostri reati, pur sentendoci in colpa. Siamo vittime e carnefici, siamo persone come te, con i propri lati oscuri e altri più solari...». È un passaggio dell’introduzione di «Residenza provvisoria. Racconti dal carcere». Il libro (stampato dalla cooperativa sociale Antares) è il frutto di un lavoro di gruppo del progetto Re-Start2.0: percorsi di reinserimento socio-lavorativo oltre la pena, progetto cofinanziato da Regione Lombardia Por Fse, (Programma operativo regionale del Fondo sociale europeo).

Cinquantotto pagine in cui Antares, Alexander, Rineo, Mirko, Edison, Lorenzo, Ihab e Pietro tirano giù la maschera, si mettono in gioco, raccontano perché sono finiti dentro. Storie di vita. E di pregiudizi: ‘teroon’, ‘negher’, ‘buttare via le chiavi’, ‘chissà che bella vita fanno in carcere’. Ma il valore aggiunto del libro è in quella frase letta da Lorenzo: ‘Siamo persone come te’. In «Residenza provvisoria» anche il lettore diventa protagonista, invitato dai detenuti a rispondere alle domande, a riflettere. Perché «è questo il nostro modo di abbattere le distanze». Le 58 pagine sono «un immenso e meraviglioso viaggio che è la vita»: copyright degli educatori Francesca Salucci (cooperativa Bessimo) e Leone Lisé di Asst, conduttori del gruppo di lavoro, anime del volume e di un video presentati all’incontro coordinato dalla giornalista Cristina Coppola con Colombo per faro.

Leone Lisè, la giornalista Cristina Coppola, l’ex pm Gherardo Colombo e Francesca Salucci

L’ex pm ascolta le storie delle persone detenute, le chiama al tavolo. Si rompono le barriere, si riflette su «fatica», «drammi» e «fiducia». Il focus è sull’articolo 27 della Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». Rieducazione che passa dai progetti per aiutare i detenuti a riprendersi la dignità e, una volta fuori, la vita in mano. Per aiutarli a non inciampare più. «Ogni mese — racconta Colombo — vado a San Vittore, alla Nave, il reparto di trattamento avanzato per la cura delle dipendenze. Tante storie, tante persone che si trovano nelle condizioni di chi ha letto oggi i brani, le conosco lì e so delle fatiche che si fanno, so dei drammi che si vivono, drammi che poi sono stati esasperati nel periodo di Covid, perché il contatto con l’esterno è l’effetto di maggior dignità per cercare di recuperare. Dobbiamo fare tanto e sono convinto che le strade che state percorrendo qui sono necessarie».

«Non è facile per nessuno guardarsi dentro e, dopo, mettersi a nudo. Credo ciò sia ancor meno facile per chi si trova ad espiare una pena ... e ha deciso di ‘aprirsi’ al mondo e, da lì, ripartire», dice la direttrice del penitenziario Rossella Padula. Lorenzo e i suoi compagni lo hanno fatto. E lo ha fatto anche Stefano, lui agente della polizia penitenziaria, l’altra faccia della medaglia. Stefano, un uomo sotto la divisa. Nel volume c’è anche la sua di storia. Legge un pezzo: «Una cosa è certa: nella mia casa non ci saranno mai le grate alle finestre perché le vedo tutti i santi giorni». Grate e chiavi, l’altro simbolo del carcere: «Chiavi che aprono e chiudono i cancelli, chiavi in ottone, grandi, dorate, che un giorno daranno la libertà a tutte le persone ristrette, perché quel giorno tanto atteso arriverà prima o poi e sarà una liberazione».

L'ex pool di Mani Pulite: Gherardo Colombo, Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo

L’ex pm Colombo parla della giustizia riparativa: «Vuol dire consentire, favorire i percorsi attraverso i quali chi è vittima e chi ha reso vittima la persona, camminino, aiutati da chi se ne intende, perché attraverso questo cammino, arrivino ad un incontro, attraverso il quale la vittima sia riparata il più possibile del male che ha subito, e il responsabile si renda conto del male che ha fatto e non lo commetta più». L’ex pm ringrazia l’ amministrazione del carcere, «perché più si parla di queste cose, più si respirano queste cose e più poi si contribuisce sulla strada del cambiamento, della realizzazione della nostra Costituzione».

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