Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

IL CASO

Indagine «Doppio Click», scoperchiate le «società fantasma riconducibili a Melega»

Oggi si è tenuta la seconda udienza sull’articolata e complessa indagine della Guardia di Finanza, nata dalla prima querela presentata da un cliente imbrogliato nell’ottobre del 2017

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

17 Ottobre 2022 - 19:58

Indagine «Doppio Click», scoperchiate le «società fantasma riconducibili a Melega»

CREMONA - «Le società? Scatole vuote, cartiere intestate ai prestanome che non hanno percepito soldi. Società riconducibili a Melega che si prendeva i soldi per pagare le spese personali». Come «le rette per la scuola dei figli, il noleggio del posto barca sul Lago di Garda ed altre spese extra». Ne sono certi i finanzieri che hanno indagato sul «sistema Melega», Marco Melega, l’imprenditore 50enne con un tenore di vita sopra le righe, auto di lusso, villa con piscina e barca a Padenghe sul Garda. Melega, la presunta «mente» di una organizzazione che avrebbe imbrogliato centinaia di italiani con le vendite on-line. Attraverso Sottocosto.online e i siti gemelli advstocks.it, marashopping.it e offerteazero. it, pubblicizzati anche su tv nazionali, i truffati acquistarono - a prezzi convenienti - Ipad, prodotti tecnologici, buoni carburante e vini pregiati, ma la merce non fu mai recapitata.


Secondo l’accusa, i soldi delle truffe sarebbero stati trasferiti a società «cartiere» intestate a prestanome, simulando operazioni inesistenti. Le somme incassate sotto forma di stipendi, pagamenti di consulenze, restituzioni di finanziamenti a soci, anticipazioni di utili, per l’accusa se le sarebbe intascate principalmente Melega, in parte Cristiano Visigalli, il suo braccio destro, l’uno e l’altro arrestati il 16 luglio del 2019 nell’indagine ‘Doppio Click’ della Guardia di Finanza. Tre anni fa, ai domiciliari ci finì anche Gabriella Albricci, l’ex suocera 70 enne di Visigalli, pensionata (in passato ha gestito una lavanderia a Vicomoscano) inguaiata dal suo ruolo di «testa di legno», prestanome per le società ADV Company srl e Consulting srl, moglie di Luigi Furlotti, poi deceduto, lui prestanome per la società Domac (quella di Marashopping.it).


Visigalli si è assunto le proprie responsabilità, ma ha scaricato su Melega, «la mente che mi dava ordini; non si spostava 1 euro senza il suo benestare». Mentre il «braccio destro» ha scelto di patteggiare in udienza preliminare, Melega si difende al processo per truffa, frode fiscale, bancarotta fraudolenta. Oggi si è tenuta la seconda udienza sull’articolata e complessa indagine ‘Doppio Click’ della Guardia di Finanza, nata dalla prima querela presentata da un cliente imbrogliato nell’ottobre del 2017. Le Fiamme Gialle hanno scavato, hanno seguito la pista dei soldi e scoperchiato, a loro dire, le società fantasma «riconducibili a Melega». Società come la Consulting srl «da cui Melega prendeva lauti stipendi (650mila euro nel 2016), ma la Consulting era una cartiera». Società con sedi «fittizie»: è il caso della Promoway srl, che prima di diventare Adv Company e passare nelle mani della Albricci, «aveva sede in un garage in via del Giordano». Società con dipendenti «inesistenti: nomi come quello di Mauro Galli erano inventati. Galli era Melega».


Ma «prima dell’ottobre 2017 che cosa faceva Melega? Che reddito aveva? Quando vi siete resi conto che Melega era un cattivo ragazzo?», ha rilanciato l’avvocato Luca Angeleri, difensore dell’imprenditore, nel controesame ai finanzieri (testimoni del pm Chiara Treballi). Scintille a tratti in aula tra legale e investigatori. «Fino al 2015-2016, la Consulting ha svolto delle attività — ha precisato l’inquirente —, qualcosina faceva, piccole operazioni, poca roba».


Al processo si è parlato, tra gli altri, di una Porsche con la pensionata Albricci che diede la fideiussione. E di una villa «venduta da una società tunisina per 306 mila euro all’ex compagna di Melega, che, dai nostri accertamenti minuziosi, formalmente percepiva uno stipendio, ma non lavorava; l’ex compagna diede in affitto la villa per 18 mila euro all’anno a Claudio Zucchini, dipendente della stessa società tunisina che aveva venduto la villa». Gli investigatori ci guardarono dentro. Giovedì prossimo, terza udienza, saranno sentiti i curatori fallimentari, il 3 novembre altri otto testimoni del pm.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400