L'ANALISI
21 Agosto 2022 - 05:00
Nel Risiko – versione bellica del più pacifico Monopoli – schierare le proprie truppe nella miglior posizione possibile prima di lanciarsi all’attacco è il fattore decisivo per conquistare gli obiettivi designati e vincere la partita. Qualcosa di simile hanno fatto in settimana – e stanno facendo in queste ore – i partiti che parteciperanno alle elezioni Politiche del 25 settembre.
Il rito si ripete a ogni appuntamento con le urne; mai come stavolta, però, il posizionamento dei candidati nei diversi collegi farà la differenza, tanto che a un mese dal voto gli esperti sono già in grado di prevedere nome e cognome di gran parte dei futuri eletti e gli stessi candidati hanno esultato (o imprecato: dipende dai casi…) quando hanno scoperto in quale casella compariranno sulla cartina del voto.
L’ex sindaco di Crema Stefania Bonaldi, per esempio, non ha nascosto l’irritazione per una candidatura «dall’esito quasi impossibile» nella lista Pd per la Camera (sarà al terzo posto del listino proporzionale, alle spalle della capolista Simona Malpezzi, milanese, capogruppo del Pd in Senato, e di Alfredo Bazoli, bresciano, deputato uscente).
«Il punto non è se sono soddisfatta, ma se il mio contributo può essere utile considerata la posta in gioco, che non è la sopravvivenza del Partito Democratico, ma del nostro intero sistema di valori», ha precisato l’ex sindaca, spiegando le ragioni per cui ha accettato la candidatura pur sapendo che «le possibilità di essere eletta sono modeste». Semmai, ha eccepito il soldato Bonaldi, è da contestare la «diffusa frustrazione del principio di territorialità», nel suo partito, come in quasi tutti gli altri.
Storia vecchia: nelle precedenti elezioni Politiche (2018) era toccato al coordinatore provinciale di Forza Italia, Mino Jotta, protestare contro la «forte penalizzazione del territorio cremonese, a favore di Mantova, senza alcuna possibilità di elezione per un rappresentante locale». Le urne avrebbero confermato la sua fosca previsione e di fronte a una simile prospettiva Jotta — a differenza di Bonaldi — rinunciò alla candidatura.
Reazione diversa, denuncia identica: nel mirino, i cosiddetti «paracadutati», personaggi di spicco cui ogni partito garantisce un seggio sicuro, dove può. La pratica ha un senso politico, ma sfavorisce inevitabilmente i territori più deboli, a maggior ragione ora che, in seguito alla riduzione del numero dei parlamentari, i collegi elettorali sono stati allargati a dismisura: il «Lombardia 3» per il Senato, che nel plurinominale vale 6 seggi, per esempio, comprende ben quattro province (oltre a Cremona, Mantova, Bergamo e Brescia), pari a oltre 3 milioni di abitanti, e il collegio «Lombardia 4» per la Camera, che assegna 7 seggi, ne conta addirittura sei (Cremona, Lodi, Pavia e Mantova, più 11 Comuni della città metropolitana di Milano e 10 Comuni della provincia di Brescia) per oltre un milione e mezzo di residenti.
Va da sé che in collegi tanto grandi non ci sia posto e rappresentanza per tutti, pur aggiungendo gli otto seggi di Camera e Senato messi in palio dai collegi uninominali, che hanno confini geografici simili, ma non identici.
Alle elezioni del 2018, nei collegi di cui fa parte Cremona i paracadutati eccellenti (anzi, le paracadutate) furono tre: Maria Elena Boschi (toscana di Montevarchi, fedelissima di Matteo Renzi, allora nel Pd, oggi in Italia Viva), Daniela Santanchè (piemontese di Cuneo che lavora fra Roma, Milano e Forte dei Marmi, coordinatrice lombarda di Fratelli d’Italia) e Isabella Rauti (romana, moglie dell’ex Ministro ed ex sindaco della capitale Gianni Alemanno, ma soprattutto figlia di Pino, l’ex segretario nazionale dell’Msi). Tutte e tre furono elette, come da copione. L’unica «consolazione» per il territorio fu la rinuncia al seggio da parte della Boschi (candidata vincente anche nel collegio di Bolzano), che aprì le porte al ripescaggio del secondo classificato, il cremonese Luciano Pizzetti.
Stavolta, oltre a Malpezzi, in uno dei collegi «sicuri» di cui fa parte Cremona potrebbe atterrare Giulio Tremonti (nato a Sondrio, politicamente mutevole, visto che di elezione in elezione ha indossato la maglia di Psi, Alleanza Democratica, Patto Segni, Forza Italia e Lega Nord e ora si ripresenta con Fratelli d’Italia). In alternativa ci sarà la «solita» Santanchè (il dubbio si scioglierà fra poche ore, quando la leader del partito, Giorgia Meloni, avrà riempito le ultime caselle e annuncerà le sue scelte).
Altri nomi forestieri saranno in lizza nelle varie liste. In compenso, per una volta Cremona «esporterà» un candidato: l’economista Carlo Cottarelli, in corsa qui, nel collegio uninominale per il Senato a cavallo con Mantova, ma anche a Milano, come capolista del Pd nel collegio proporzionale, sempre per il Senato.
Alla fine quanti saranno i senatori e i deputati cremonesi eletti nel prossimo Parlamento? Sicuramente meno degli attuali. Ed è un vero peccato per una provincia non grande, ma che vale molto ed esprime figure di primo piano nel mondo della associazioni, come il presidente nazionale di Confindustria Carlo Bonomi e il suo delfino Lombardo Francesco Buzzella (entrambi di Crema) o i leader regionali di Confagricoltura (Riccardo Crotti da Capergnanica) e Cna - Confederazione nazionale dell’artigianato (Giovanni Bozzini da Scandolara Ravara). Per contare nelle scelte di un Paese ci sono molti modi e molte strade, è vero. Ma — checché se ne dica — sedere in Parlamento resta il più diretto e prestigioso. Restarne fuori non è mai un vantaggio.
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