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Omicron: perché contagia di più

Studio della cremonese Marabotti. Ricerca su trasmissione e anticorpi coordinata dalla docente di Soresina

La Provincia Redazione

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18 Agosto 2022 - 19:50

Omicron: perché contagia di più

Anna Marabotti

SORESINA -  Una tecnica messa a punto in Italia permette di capire perché la variante Omicron sia in grado di trasmettersi più facilmente rispetto alle altre varianti. La stessa ricerca, pubblicata sulla rivista Molecules, permette di prevedere gli effetti di possibili nuove varianti del virus sulle difese immunitarie già sviluppate e indica che sono comunque molti gli anticorpi umani in grado di riconoscere la variante Omicron.

Lo studio è frutto della collaborazione fra l’Istituto di scienze dell’alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isa-Cnr) di Avellino e il dipartimento di Chimica e biologia Zambelli dell’Università di Salerno e i ricercatori impegnato sono stati coordinati, oltre che da Angelo Facchiano (Cnr-Isa), da Anna Marabotti, docente dell’Università di Salerno nata e cresciuta a Soresina.

Insieme, con un lavoro straordinario nel suo sviluppo, hanno utilizzato una tecnica di bioinformatica per simulare il modo in cui l’artiglio molecolare del virus, ossia la proteina Spike, si aggancia al recettore Ace2 presente sulle cellule umane

 La procedura bioinformatica messa a punto, infatti, potrà ora essere utilizzata per simulare le sostituzioni di amminoacidi presenti in nuove varianti

Nella ricerca sono stati utilizzati oltre 150 modelli molecolari del legame fra la proteina Spike del virus SarsCoV2 e le cellule umane. In questo modo si è «dimostrato che molti anticorpi già presenti nel nostro organismo possono riconoscere anche la proteina Spike della variante Omicron, sebbene con alcune differenze nelle interazioni molecolari che si possono formare — osserva Facchiano —. Studiando anche il meccanismo d’interazione con il recettore Ace2, abbiamo evidenziato alcune differenze rispetto alla proteina Spike delle varianti precedenti, offrendo una possibile interpretazione della maggiore facilità di trasmissione di Omicron».

Secondo gli autori della ricerca, i risultati ottenuti potrebbero avere importanti implicazioni anche in vista della comparsa di nuove varianti. La procedura bioinformatica messa a punto, infatti, potrà ora essere utilizzata per simulare le sostituzioni di amminoacidi presenti in nuove varianti e dare in poco tempo una previsione degli effetti in termini di capacità di contrastare un’eventuale nuova variante del virus.

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