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IL CASO

«Alika aggredito e ucciso. Sosteniamo la famiglia»

Omicidio di Civitanova Marche. A Soresina appello ai fedeli di don Piccinelli per la raccolta fondi

Andrea Niccolò Arco

Email:

andreaarco23@gmail.com

08 Agosto 2022 - 05:05

«Alika aggredito e ucciso. Sosteniamo la famiglia»

Uno dei tanti cortei organizzati dalla comunità nigeriana a Civitanova Marche

SORESINA - Alika Ogorchuckwu, ambulante nigeriano di 39 anni, è stato pestato a sangue e ucciso a stampellate da Filippo Ferlazzo, un operaio salernitano di 32 anni, in pieno centro e pieno giorno a Civitanova Marche. Il gesto, brutale e disgustoso ha suscitato l’indignazione e l’ira di molti ma anche l’indifferenza di alcuni. Il parroco di Soresina non è certo fra questi. Anzi, don Angelo Piccinelli si è subito attivato per aiutare la vedova e la figlia della vittima e chiede a gran voce a tutti i fedeli di prendere le distanze da tanta cattiveria. Lo fa scrivendo una lettera-appello ai soresinesi: «Invio la proposta alla Comunità di Soresina di una piccola iniziativa per sostenere concretamente la sposa e il figlio di Alika, l'ambulante nigeriano vittima dell'aggressione a Civitanova Marche. L’iniziativa a sostegno della famiglia di Alika è estesa a tutte le persone sensibili della comunità». Il commento dell’arciprete è una presa di posizione molto netta: «È il minimo che possiamo fare per smarcarci dalla violenza incontenibile e senza controllo che arriva ad uccidere e ci umilia come fratelli e come umanità».

La vittima Alika Ogorchuckwu

COSA È SUCCESSO

I fatti risalgono a venerdì 29 luglio. Ogorchuckwu, secondo le ricostruzioni degli inquirenti derivanti dalle testimonianze raccolte sul posto, avrebbe chiesto l’elemosina a una coppia e nel farlo avrebbe toccato il braccio della donna. Il compagno, indispettito, l’avrebbe inseguito per ben 200 metri e infine Alika, rallentato e indebolito da un recente incidente che lo costringeva a muoversi con una stampella, sarebbe stato raggiunto. Proprio il suo ausilio alla camminata sarebbe poi diventata l’arma del delitto. L’operaio l’avrebbe appunto usata per colpirlo ferocemente per ben quattro minuti, uccidendolo. In tutto questo tempo, si è poi scoperto da un filmato della videosorveglianza, nessuno sarebbe intervenuto per fermare il pestaggio. Solo qualche videoripresa col cellulare, qualche grido e diverse chiamate al 112. Secondo i risultati dell’autopsia Ogorchuckwu è deceduto per asfissia violenta con concomitante choc emorragico. Una morte, quindi, non solo atrocemente dolorosa ma anche piuttosto lenta.

LE REAZIONI IN CITTÀ

La rabbia è immediatamente montata nella comunità nigeriana locale e più in generale fra gli immigrati di origine africana di tutto il Marchigiano. Numerosi i cortei, tutti pacifici, eccetto qualche momento di tensione causato da disturbatori. In marcia con le comunità straniere anche il sindaco di Civitanova che ha voluto sin da subito allontanare l’episodio dal giudizio generale che si può dare di un’intera comunità: «Ribadiamo che Civitanova Marche non è una città razzista e tantomeno indifferente o insensibile – ha commentato il primo cittadino Fabrizio Ciarapica – e che il gesto di una persona non può essere accomunato alla nostra comunità che è sempre stata accogliente, ospitale e aperta e ha sempre lavorato per la pacifica convivenza».

Il parroco di Soresina don Angelo Piccinelli

SORESINA È SOLIDALE

Il grido di dolore straziante e le richieste d’aiuto di una famiglia distrutta hanno percorso mezzo Stivale giungendo anche a 428 chilometri di distanza. Più precisamente a Soresina. Una città, quella cremonese, che ha diversi punti in comune con la lontana realtà marchigiana e, primo fra questi, la presenza massiccia di comunità di origine araba e africana molto consistente numericamente e molto ben integrata nel tessuto sociale, economico e anche solidale.


Nella chiesa principale, quella di San Siro Vescovo, campeggia un volantino. L’ha scritto il don: «Aiutiamo la vedova Charity e il figlio Emmanuel di Alika, l’ambulante nigeriano ucciso barbaramente a Civitanova Marche». Per l’arciprete soresinese: «È un segno di condivisione ma anche di protesta. Invieremo la nostra offerta al parroco di S. Severino Marche, la cittadina in cui abitava la vittima. Lui la consegnerà alla famiglia di Alika». Si può donare, in assoluta privacy e anonimato direttamente in chiesa. Prima, dopo o durante la messa ma anche in ogni altra ora del giorno. Non c’è minimo o massimo, secondo coscienza. Le prime monete e banconote sono già comparse. Come sempre, Soresina non sta a guardare.

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