L'ANALISI
09 Giugno 2022 - 05:20
Pierpaolo Beluzzi
CREMONA - Un cittadino può sapere in tempo reale se un imputato condannato ai lavori di pubblica utilità sta ripagando la collettività? Sì. Se oggi la sentenza è pronunciata «in nome del popolo italiano», a breve il cittadino potrà esercitare un controllo sugli effetti del potere del giudice al momento della decisione.
«Grazie a tecnologie emergenti come la blockchain e alla creatività di operatori che vedono nuovi servizi». La creatività di Pierpaolo Beluzzi, 57 anni, coordinatore dell’Ufficio Gip/Gup al Tribunale di Cremona, il giudice ‘digitale’ che da circa vent’anni usa la tecnologia per snellire i tempi della giustizia, ridurne i costi.
Dal fascicolo penale digitale alle udienze via Skype, Beluzzi ha collezionato premi. L’ultimo, il riconoscimento del «Blockchain Revolution Summit di Trento, categoria ‘sociale.’
«Da circa due anni presso l’ufficio Gip del tribunale di Cremona stiamo sperimentando alcune applicazioni di concreto utilizzo della blockchain (al momento su bitcoin ed ethereum) in alcune fasi processuali. Sono le prime applicazione operative nel mondo della giustizia e stanno sempre più dimostrando la potenzialità di poter cambiare il paradigma del ‘processo’, per come lo intendiamo noi, ed in particolare sulla fase esecutiva, garantendo comunque alti profili di riservatezza».
Come funziona?
«Insieme ai professionisti di Stampiz, partner tecnologico in questo progetto, abbiamo realizzato uno smart contract collegato alla blockchain di ethereum che disciplina le fasi dei lavori di pubblica utilità. In alcuni casi, l’imputato può scegliere di effettuare una serie di lavori presso enti o associazioni convenzionate: se porta a termine positivamente il lavoro, il reato si estingue. Lo smart contract viene attivato dal giudice, che carica il provvedimento di ammissione in forma criptata sul web: solo l’ente convenzionato può prenderne visione».
A quel punto?
«Si attivano una serie di ‘transazioni’ sulla blockchain, che ad ogni passaggio certificano che l’imputato sta svolgendo i lavori a lui assegnati (ore). All’esito del definitivo adempimento, lo smart contract si conclude e questo momento coincide con il provvedimento di estinzione del reato da parte del giudice».
La particolarità?
«Le ‘transazioni’ — spiega Beluzzi — sono visibili da chiunque sulla piattaforma di blockchain utilizzata e ogni cittadino può controllare che quello smart contract sta progredendo o si è bloccato o si è concluso positivamente. Ogni smart contract è riferibile ad altri univoci indirizzi dei contraenti, apparentemente anonimi, ma ai quali corrispondono dei Wallet che identificano i possibili attori di quella fase processuale (giudice, ente affidatario, polizia giudiziaria delegata per il controllo...)».
E l’imputato non compare.
«Mai, ma tutti gli altri attori sono tracciabili in riferimento alle loro attività ed è tracciabile il percorso dell’intero svolgimento dei lavori di pubblica utilità. Chiunque può controllare sul web o anche con una semplice App se quella pena alternativa è stata eseguita o meno, quante ore di lavoro di pubblica utilità sono state svolte presso quell’ente, i tempi di svolgimento di ciascuna procedura. Il controllo diventa ‘diffuso’: si sposta da oggetti delegati (funzionari ministeriali, polizia giudiziaria) al cittadino interessato».
Quali sono i potenziali effetti dell’utilizzo di questa tecnologia sulla riforma della giustizia Cartabia?
«La legge delega del progetto Cartabia sta introducendo ipotesi di lavoro di pubblica utilità in sostituzione di pene detentive fino ai tre anni: come sarà possibile controllare migliaia di ore svolte a favore della comunità da parte di un imputato, da svolgere probabilmente nel corso di più anni? Quali i costi? Con la nostra soluzione il procedimento non solo viene automatizzato, ma viene registrato sulla blockchain, tutti potranno accedere e verificare l’iter in corso, e se interessati e titolati (ad esempio la polizia giudiziaria) programmare autonomamente controlli mirati. Ogni passaggio - che resta in maniera permanente, trasparente, ma riservato - viene registrato sulla blockchain, non modificabile, a garanzia anche dello stesso imputato e con la possibilità di controllo senza alcuna intermediazione da parte dello stesso difensore e potrà sempre essere utilizzato come ‘prova’ all’occorrenza. Ma c’è un altro aspetto interessante che sta emergendo».
Quale?
«La facile attivazione del potere di controllo della vittima di un reato su alcune parti del procedimento, che la blockchain agevola».
La giustizia riparativa prevista dalla riforma Cartabia.
«Esatto. È un procedimento che consente alla vittima di operare un confronto con chi gli ha fatto del male, di intraprendere un percorso che parte dal pentimento del reo fino ad un possibile perdono della persona offesa. Possono intervenire vari attori, mediazioni, eventuali risarcimenti del danno. Il presupposto è il costante “consenso” della vittima».
La vittima come potrà controllare chi le ha fatto del male?
«Ho iniziato ad immaginare il ‘controllo della vittima attraverso una serie di smart contract che caratterizzano le varie possibile fasi del percorso di giustizia riparativa: agli effetti di trasparenza e di controllo ‘distribuito’ prima descritti si aggiunge il permanente controllo, in ogni fase, della vittima, che con la sua ‘transazione’ sulla blockchain attiva o non attiva un altro step del percorso di riparazione. Il percorso si può interrompere in qualsiasi momento, ma la ‘collettività’, il popolo italiano, può sempre conoscere cosa è stato fatto sino a quel punto o prendere atto dell’effetto positivo finale».
Il legislatore deve stare al passo.
«Vedo la necessità di un legislatore smart, che di fronte all’emergere di effettivi usi e servizi resi possibili dalle nuove tecnologie, anche in settori delicati come quello Giustizia, intervenga con norme intelligenti, in grado di tutelare gli interessi rilevanti, ma senza impedire lo sviluppo innovativo e creativo».
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