Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

I DIRITTI SOCIALI: IL FINE VITA

Paralizzato, si lascerà morire. Al suo fianco il medico cremonese Riccio

Marchigiano 46enne aveva chiesto il suicidio assistito: «Il suo caso rientra nei 4 criteri fissati dalla Consulta»

Massimo Schettino

Email:

mschettino@laprovinciacr.it

08 Giugno 2022 - 05:20

Paralizzato, si lascerà morire. Al suo fianco il medico Riccio

Fabio Ridolfi paralizzato a letto con il puntatore ottico con il quale riesce a comunicare

CREMONA - «Non ho paura. Non vedo l’ora di farlo». Risponde deciso, attraverso il puntatore oculare, Fabio Ridolfi, il 46enne di Fermignano (Pesaro Urbino) da 18 anni immobilizzato a letto a causa di una tetraparesi, che, affiancato dall’associazione Luca Coscioni, ha avviato una battaglia per il suicidio medicalmente assistito. Dopo i ritardi sull’indicazione della procedura e del farmaco, ha scelto di porre fine alle proprie sofferenze con la sedazione profonda e continua e contestuale sospensione di alimentazione idratazione con la Peg (un sondino gastrico).

La richiesta al servizio sanitario è stata avviata anche se ancora non si conoscono i tempi. Al fianco di Fabio Ridolfi c’è anche l’anestesista cremonese Mario Riccio, medico di Piergiorgio Welby e componente del consiglio generale dell’associazione Coscioni. Riccio è consulente del collegio legale che sta seguendo il 46enne: «La sua condizione — spiega Riccio — rientra nei parametri stabiliti dalla Corte Costituzionale nella sentenza Cappato-Dj Fabo per potere accedere all’aiuto medico alla morte. In quel caso le sue sofferenza avrebbero potuto avere termine in pochi minuti, invece dovrà percorrere una strada più lunga».

L'anestesista cremonese Mario Riccio

I tempi infatti si sono allungati e solo dopo ripetute sollecitazioni dell’Associazione Coscioni, il parere del Comitato etico dell’Azienda Sanitaria Unica Marche (Asur) è uscito dal cassetto dove era stato ‘dimenticato’ dall’8 aprile. Il parere è risultato positivo ma non contiene l’indicazione del farmaco e della modalità di somministrazione. «Ridolfi — spiega Riccio —, infatti, non è in grado di azionare la pompa infusionale per auto-somministrarsi il farmaco mortale». È dunque partita il 27 maggio una diffida all’Asur dal collegio coordinato dall’avvocato Filomena Gallo, segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, con la quale Fabio chiedeva una verifica «in tempi brevissimi», perché ha «fretta di morire» e da anni si batte per avere questa possibilità.

Per rendere più celere la procedura di verifica, il collegio difensivo ha nuovamente allegato anche la relazione del consulente medico Riccio, relativamente al tipo farmaco individuato, le quantità e le modalità di somministrazione, con la specifica indicazione dell’idoneità, dell’aspetto farmacologico e della valutazione della correttezza della procedura relativamente al caso specifico del paziente. «Ma Fabio adesso, di fronte ai tempi lunghi, ha scelto di interrompere l’alimentazione e di essere sedato, la stessa strada scelta da Eluana Englaro nel 2009. Ora se ne occuperà l’Asur».

La procedura avverrà in due fasi, sospensione della Peg e blanda seduzione a casa, trasferimento all’hospice di Fossombrone dove sarà sottoposto a seduzione profonda fino al decesso. Insomma Fabio ora si lascerà morire e il processo durerà dei giorni. «Lui — aggiunge Riccio — avrebbe preferito un altro percorso anche per evitare lo strazio prolungato ai suoi cari, ma purtroppo l’inerzia dello Stato glielo impedisce. Se si fosse tenuto il referendum sull’eutanasia legale, bloccato dalla Corte costituzionale e avesse vinto il Sì, non si sarebbe posto il problema per il caso di Fabio che risponde a tutti i criteri per poter beneficiare del suicidio medicalmente assistito».

Aggiunge Marco Cappato, dell’Associazione Coscioni, a Cremona a marzo per l’inaugurazione della cellula locale: «Fabio Ridolfi ha denunciato di essere costretto a scegliere lo strazio prolungato della sedazione profonda a causa del menefreghismo del sistema sanitario. È lo stesso menefreghismo dei partiti in Parlamento, che ora che è stato fatto fuori il referendum, si rifiutano di discutere e decidere sul fine vita». Nella sua camera Fabio è circondato dai colori del cuore, quelli giallorossi della Roma, e accenna un sorriso al fratello Andrea, interista, che gli ricorda la vittoria di Coppa. Riesce a comunicare solo con un puntatore ottico. «Cosa mi mancherà? La famiglia. Non credo in dio», ‘scrive’ con gli occhi che si inumidiscono.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400