L'ANALISI
LA STORIA
03 Giugno 2022 - 05:15
La terza liceo classico di Casalmaggiore anno scolastico 1968-69 che allora era sede distaccata del «Manin» di Cremona. Nel cerchietto rosso il prof di storia e filosofia Umberto Galimberti
PONTETERRA/CASALMAGGIORE - Dal lavoro nei campi e nella stalla, all’università, alla presidenza di diversi istituti scolastici della zona, fra cui il «Sanfelice» di Viadana. Il tutto segnato dall’esperienza di essere stato un «ragazzo» negli anni ‘60 e dall’incontro con il celebre filosofo Umberto Galimberti, nel 1968-69 insegnante di storia e filosofia al classico di Casalmaggiore, allora sede distaccata del «Manin» di Cremona.
Francesco Osini, nato il 27 gennaio del 1950, fa parte di quella schiera di giovani che trovarono forza e ispirazione soprattutto nelle proprie radici famigliari, molto spesso umili ma così solide da insegnare quella che oggi verrebbe chiamata «resilienza» ma anche (perché no?) «gioia di vivere».
«Quando entrò in classe la prima volta — scrive a proposito di Galimberti nel suo «Ero un ragazzo negli anni ‘60» — lo squadrammo con curiosità: aveva 26 o 27 anni, non di più, un po’ basso e con fisico minuto, occhi chiari e miti. Insomma, un prof normale, come tanti altri. Ma quando nel silenzio dell’aula iniziò a parlare, ci fu una vera scossa generale: la sua voce calda e profonda da baritono fece vibrare l’aria, riempì lo spazio, rimbalzò sulle pareti e ci penetrò nell’intimo, lasciandoci attoniti».
Un incontro decisivo che chiudeva quel decennio di crescita personale e di profonde mutazioni nella società. Poi ci furono gli anni della Cattolica a Milano e la carriera scolastica ma gli anni ‘60 rappresentarono il «tutto» per quei ragazzi. Una crescita senza apparenti ostacoli: dal duro lavoro col padre, all’oratorio, dalla prima tv con i fasti del Festival di Sanremo al calcio con i trionfi del Milan. Musica, ragazze, lambrette e festine con le farfalle nello stomaco. E poi l’economia che volava e permetteva a tanti di raggiungere una meta pressoché sconosciuta alle generazioni precedenti: il mare.
Insomma, tanta carne al fuoco delle passioni che, tuttavia, da lì a poco sarebbero state scosse dalla strage di piazza Fontana: a Milano quel 12 dicembre 1969 Osini e un giovane compagno d’università c’erano. «Eravamo a cento metri dall’esplosione che aveva provocato morti e feriti... Noi studenti, del tutto digiuni di politica, ascoltavamo straniti... Non ci rendevamo conto che quel giorno finiva una fase importante della nostra storia e si entrava in un periodo nuovo, torbido e pericoloso».
Ma, da uomo nato nell’epoca «giusta», l’ex liceale chiude la narrazione con un evento spartiacque: quell’Italia-Germania: 4-3! che ci traguardò negli anni ‘70. Ma questa è tutta un’altra storia.
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