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INCONTRO IN MEMORIA DELL'AGENTE

«Perché non si ricorda anche il bandito che ha ucciso Villa?»

L’interrogativo di uno studente del Ghisleri e la risposta delle istituzioni: «A volte arriviamo in ritardo...»

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

21 Aprile 2022 - 19:35

«Perché non si ricorda anche il bandito che ha ucciso Villa?»

La comandante Deledda e Loris

CREMONA - La premessa: «Io non vorrei mancare di rispetto a nessuno, assolutamente, però vorrei fare una critica, magari è una mia idea  sbagliata». Poi, Loris fa la sua domanda: «Perché non viene commemorato il malvivente? Mi spiego: aveva una sua vita, non sappiamo i suoi problemi, era stato licenziato, magari anche lui aveva un figlio, magari anche lui stava cercando di guadagnare per suo figlio».

Domanda «molto intelligente», la definisce il questore Sinigaglia, «profondissima», aggiunge la comandante Deledda. Lei risponde a Loris: «Una domanda che tutti noi ci siamo posti come istituzione. Sull’asfalto non è rimasto solo Stefano. È rimasto anche Marco ed è un’altra vita spezzata sulla quale noi tutti ci dobbiamo interrogarci, perché così come a casa Enrico e Carmen aspettavano Stefano, un padre e una madre aspettavano Marco e non è più tornato. Quando noi abbiamo deciso di ricordare Stefano Villa, ci siamo chiesti perché una mano si è armata con una P 38 e ha ucciso il nostro collega. Certamente, Marco non ha scelto di andare a fare quella rapina, sarà stato spinto da qualche motivazioni. Ed una istituzione questa domanda se la deve fare. Si deve chiedere se e perché è arrivata in ritardo. Ogni volta che succede qualcosa, noi come istituzione ci chiediamo se, dove e quando abbiamo sbagliato. Quando io arrivo su un incidente stradale e trovo un ragazzo ferito o, peggio ancora, devo stendere un lenzuolo bianco, perché mi arrabbio molto? Qual è la sensazione che provo? Di ritardo. Sento di essere arrivata tardi per poter salvare una vita o tardi per togliere una patente. Sono molto contenta che tu, Loris,  abbia fatto questa domanda, perché mi dà l’idea che ci sono davvero delle belle teste pensanti qui dentro: voi siete il futuro che vogliamo».

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