L'ANALISI
08 Febbraio 2022 - 10:57
Matteo Berselli, 46 anni, storica firma del giornale La Provincia
SAN BASSANO/CREMONA - No Matteo, stavolta le parole non le ho trovate. Non quelle giuste, almeno. Non quelle che mi pare meritassi. E ti giuro che le ho cercate tutto il pomeriggio. In silenzio. Da solo. Ho provato a scorgerle nei ricordi. Quelli più vecchi: le prime volte da collaboratori al giornale insieme, più di vent’anni fa; le domeniche infinite alla stessa scrivania dello sport, a chiamare i dirigenti delle squadre di calcio di seconda e terza categoria. Pizza e coca e fanta alle 23: la nostra cena nella pausa corta di una gavetta lunga e buona; la nera fatta insieme, io i miei paesi e tu i tuoi. E occhio a non invadere il territorio: mi incazzavo io e ti incazzavi tu. E sai perché? Per amore di questo mestiere. Era passione, non timore di concorrenza. Era che volevamo fare i giornalisti. Che siamo giornalisti. Della stessa generazione. E della stessa pasta. Vecchi tempi. Tanto vecchi che allora ho tentato di trovare le parole giuste nel presente. Ancora in silenzio. Di nuovo solo. E te lo confesso: senza che mi scappasse una lacrima. Perché mica mi sembra vero. Mica è possibile che l'altro ieri parlavamo di Vlahovic e della nostra Juve, del tuo Nadal e dei nostri figli ancora piccoli che già provano a diventare grandi e adesso, invece, io sto qui e tu lassù.
Deve essere per questo che faccio fatica a trovare le parole: temo di sbagliare. Perché sono certo che da qualche fottuta parte più in alto di me mi starai guardando, pronto a dirmi, nel caso, che tu quel pensiero lo avresti modulato diversamente, che quella frase non l’avresti usata, che quel titolo no, è eccessivo. Questione di sensibilità: ne avevi tanta Teo, quasi sempre giusta. Per i bambini, per gli ultimi, per i dimenticati. Stavi dalla parte di chi aveva bisogno. Contro i torti. Fossero commessi contro di te o contro uno sconosciuto non faceva differenza: eri pronto a schierarti. Senza sconti per nessuno. Da giornalista e da uomo. Prima da uomo e poi da giornalista. Contava il principio. E ai principi non hai mai abdicato. Onestà intellettuale, passione, senso del dovere e della giustizia. Eccole le parole che ti descrivono. Ecco quel che cercavo. Non le ho trovate io, però, Teo.
Sai chi me le ha finalmente suggerite? I vecchi colleghi che mi hanno chiamato per chiedermi cosa fosse successo. I carabinieri che ci siamo «divisi» che mi hanno telefonato per sapere. I sindaci, gli amministratori, i volontari delle associazioni che sentivi e che mi hanno contattato sperando dicessi loro che no, non è vero, non è vero niente. E i calciatori? Non so quanti ne ho sentiti in due ore, di quelli che abbiamo raccontato, più tu di me, da ogni campo spelacchiato di ogni categoria. E piangevano, Berso. Loro si. Tutti. E adesso anche io.
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