L'ANALISI
L'INSIDIA IN AIUOLE E PRATI
28 Ottobre 2021 - 05:50
Foto di Fabian Wiktor da Pexels
CREMA - I cambiamenti climatici sono la causa dell’incremento dei funghi letali nel Cremasco e della comparsa di alcune specie
mai viste prima: dietro l’angolo c’è il rischio di intossicazioni e, nei casi più gravi, anche la morte. Negli anni scorsi, purtroppo, non sono mancati casi drammatici. Il decesso di un 67enne di Bagnolo nel 2007 e quattro intossicati nel 2018. E la conferma della presenza di nuovi funghi pericolosi arriva direttamente dagli esperti del Gruppo micologico, in particolare dal presidente Emilio Pini. «Nel territorio si trovano specie che sino a 20-30 anni fa erano praticamente sconosciute. Crescevano in climi più caldi, ad esempio nel Sud Italia. Alcune sono pericolose. Il consiglio che diamo a tutti i cercatori di funghi, specialmente quelli occasionali, è di non raccogliere quelli che non si conoscono e comunque di farli sempre valutare dai micologi dell’Azienda tutela della salute, gli unici demandati a giudicare la commestibilità o meno». Non solo nuovi esemplari, ma anche una massiccia diffusione di quelli storicamente più pericolosi. «Un po’ di pioggia a metà mese ha favorito la crescita — prosegue Pini — ma è sufficiente la rugiada. Troviamo l’Amanita phalloides e le Lepiota, tutti mortali. In particolare le Amanita quando sono giovani rischiano di essere scambiate, da un occhio poco avvezzo, per comuni Chiodini. Per evitare questo errore, bisogna osservare la caratteristica che differenzia le due specie. L’Amanita ha un sacchetto bianco alla base del gambo. Per questo raccomandiamo sempre di raccogliere i funghi interi».
Tra l’altro, proprio per l’aumento delle temperature degli ultimi anni, i Chiodini spuntano sempre più in là, ormai verso fine mese, o a novembre. Dunque chi li cerca ad inizio autunno non li trova. E ciò aumenta il rischio che raccolga ciò che non deve. «Il cambiamento climatico — conclude Pini — ha spostato di circa un mese la fioritura dei funghi. Le Amanita e le Lepiota crescono sotto piante come la quercia, il faggio, il castagno, il carpino e il nocciolo. Da noi, in pianura, anche sotto i tigli. L’arrivo di nuove specie scientificamente è interessante, ma serve informare i cittadini, anche i giovani. Fondamentale andare nelle scuole, cosa che noi facciamo; ma sono ancora poche quelle che ci chiamano».
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