CALCIO
19 Ottobre 2021 - 05:55
CREMONA - Nur è un afgano hazara sciita, la minoranza da sempre perseguitata dai talebani. È un ragazzo in gamba. Ha 30 anni, una casa, un lavoro. È a Cremona dal 25 settembre del 2006. Vi arrivò quando di anni ne aveva 15. Da tre era in fuga dal suo villaggio, «perché là non c’era prospettiva». Un viaggio cominciato poco più che bambino, a 12 anni, insieme ad altri suoi coetanei, su camion e mezzi di fortuna, con i soldi in tasca dati dai genitori. «Sono stato un anno in Pakistan, 9 mesi in Iran, poi Turchia, Grecia e Cremona», racconta Nur. Un tetto alla Casa dell’Accoglienza, gli studi all’Itis Torriani dove si prese il diploma. Ora Nur ha bisogno della cittadinanza, ma è impantanato nelle pastoie burocratiche italiane. Serve il certificato penale del paese di origine. «Lo chiedo allo Stato talebano?», rilancia Nur.
Lo chiede «a Baradar, il nuovo leader dei talebani? Lo chiede ad una autorità inaffidabile, perché i talebani giudicano sulla base dei tribunali tribali? Là non c’è una giustizia come la intendiamo noi. Con i talebani non ci puoi discutere. E la burocrazia qui è cieca, non può essere fuori dal mondo reale», sottolinea Rosanna Ciaceri, l’angelo custode degli immigrati, rappresentante legale dell’Associazione Immigrati Cittadini di Cremona. Eppure, la tragedia afghana è sotto gli occhi del mondo anche se i riflettori ora, purtroppo, si sono quasi spenti. Ciaceri sabato scorso ha incontrato, in Comune, a Cremona, Mohammad Sarwar, il governatore della regione del Punjab in Pakistan. Gli ha consegnato una mozione con la speranza che si possa dare una mano a Nur e a tutti gli afghani.
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