L'ANALISI
09 Settembre 2021 - 06:25
SORESINA - Può il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici impedire che venga data esecuzione alle legittime volontà testamentarie di una defunta? L’interrogativo, cui soltanto il giudice potrà fornire una risposta definitiva, è il cuore di un contenzioso legale che vede opposti l’Asst di Cremona e un suo ex dipendente. Tanto intrigante quanto intricato, il caso si sviluppa in seguito alle disposizioni ereditarie di un’anziana benefattrice, C.R., residente a Pizzighettone. La donna, nel febbraio 2011, fa redigere il proprio testamento in uno studio notarile di Soresina, inserendo tra gli altri due differenti legati da 50 mila euro ciascuno, entrambi destinati a un dirigente non medico (ovvero un infermiere) dell’ex Azienda ospedaliera: il primo è subordinato a uno scopo ben preciso, ovvero che la somma di denaro venga impiegata a favore degli utenti di una struttura sanitaria con sede a Soresina, esistente all’epoca della stesura dell’atto ma non più attiva al momento della morte di C.R., avvenuta nell’aprile del 2020, nove anni dopo. Il beneficiario, peraltro ormai in pensione, constatato che le finalità per le quali investire il denaro non sono più perseguibili, prontamente restituisce i primi 50 mila euro, accettando però di ricevere il secondo legato, dello stesso importo, assegnatogli a sua insaputa dall’anziana pizzighettonese «per senso di riconoscenza per le cure prestate con umanità e professionalità».
La successione, di fatto, si chiude, ma Asst, informata delle volontà della donna in seguito alla pubblicazione del testamento, decide di avvalersi del supporto di un legale per l’esame e studio della controversia, al fine di garantire il rispetto dei principi di imparzialità e integrità che sottendono all’azione amministrativa, nonché il prestigio e l’immagine della medesima azienda. Le perplessità di Asst sono riconducibili al Codice di comportamento dei dipendenti pubblici che riprende i contenuti del Decreto del Presidente della Repubblica del 16 aprile 2013. Così recita l’articolo 4, comma 1, del suddetto Dpr: «Il dipendente pubblico non richiede, né sollecita per sé o per altri, regali o altre utilità, né tanto meno accetta regali o altre utilità se non di modico valore». Nell’interpretazione dell’Azienda i 50 mila euro lasciati all’ex dirigente, che si è preso cura dell’anziana in una struttura pubblica nell’esercizio della propria attività, non possono quindi essere incassati dalla persona indicata nel testamento. Divieto che mal si concilia, anzi si scontra, con gli obblighi cui un notaio non può in alcun modo sottrarsi, ovvero far rispettare le volontà della defunta, che nel pieno possesso delle proprie facoltà ha disposto precise indicazioni, peraltro alla presenza di quattro testimoni. Alla magistratura il compito di sbrogliare la matassa e stabilire quale delle due letture sia quella più corrispondente alla legge.
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