L'ANALISI
CREMA - DIPENDENTI INFEDELI
05 Luglio 2021 - 06:20
CREMA - È una storia di forbici, ammanchi e videotape, con un salone da parrucchiere come ambientazione, quella che approderà dopo l’estate in un’aula del tribunale di Cremona. Per le verità, una prima udienza, nel processo per appropriazione indebita a carico di due professionisti delle acconciature, si è già tenuta nei giorni scorsi. Ma è servita giuso ad inquadrare il caso, che tornerà davanti al giudice a settembre. Gli imputati sono sempre rimasti a piede libero, si tratta di un 50enne e di una collega di 54 anni, entrambi cremaschi e che all’epoca della vicenda, era l’estate del 2018, collaboravano con un centro di bellezza della cintura cittadina. Tutto sembrava funzionare senza intoppi, sino a quando iniziarono a manifestarsi discrepanze tra il numero di acconciature e tagli effettuati e quanto effettivamente presente in cassa. Tanto da convincere la proprietà del salone a far ricorso al più classico degli accorgimenti, per verificare cosa stesse accadendo: ricorrere ad una microcamera.
MICROCAMERA NASCOSTA
Effettivamente, le immagini registrate nel mese d’agosto di tre anni fa, almeno all’apparenza lasciavano pochi dubbi su dove fossero finite le banconote. E per l’esattezza, infilate nelle tasche dei grembiuli da lavoro dei due. Tanto, da contestare — a conti fatti — un ammanco complessivo di circa duemila euro. Ma soprattutto, episodi tali da minare il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Allontanati i due coiffeur, che in seguito hanno proseguito l’attività altrove, nei loro confronti era stata sporta la querela, culminata nel procedimento giudiziario in corso.
"SPESE LEGITTIME"
«Siamo perfettamente in grado di dimostrate la totale estraneità ai fatti dei miei assistiti», assicura però l’avvocato cremasco Mimma Aiello, difensore dei due parrucchieri finiti sotto processo. «Quei soldi — entra nel dettaglio, anticipando quella che sarà la strategia adottata nell’aula del tribunale di Cremona — servivano per spese inerenti l’attività... Quindi del tutto legittime».
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