CALCIO
28 Maggio 2021 - 06:37
CREMONA - Capita di rado, ma capita. È successo a Cremona: un compagno (ex) accusato di stalking – atti persecutori – stalker non era. Semmai, la convivente (ex) lo ha accusato per gelosia. Ci è voluto un processo in salita, all’inizio; un processo complesso per riportare nei binari la storia dei genitori di un bimbo che oggi ha 12 anni. Il capo di imputazione era pesantissimo, come lo sono tutti quelli per stalking. Le parole offensive, i pedinamenti, le minacce: «Il bambino non lo devi lasciare a tua madre la sera per poter andare in giro a fare la... Ricordati di stare attenta che se ti vedo in giro con il tuo compagno vi brucio. Vi strappo il cuore, vi ammazzo». Comportamenti che nella compagna «costretta a cambiare abitudini di vita e abitazione», hanno causato «un perdurante stato d’ansia». Da giugno del 2014 al 2020. L’avvocato Marilena Gigliotti ha smontato, uno ad uno, gli episodi riversati nella querela, poi integrata.
Marco e Maria (nomi di fantasia per tutelare il figlio minore, ndr) si conoscono nel 2003, l’amore che sboccia, la convivenza, la nascita, nel 2009, del piccolo, la gioia dei nonni. Soprattutto della nonna paterna, determinante al processo. Per dieci anni la relazione va a gonfie vele. Maria lavora come commessa, Marco di lavori ne fa molti: muratore, cameriere, giardiniere. Nel 2015, la relazione comincia a scricchiolare. «Le discussioni sono diventate più accese: lei lo offendeva, lui si sentiva mortificato anche come padre perché le discussioni avvenivano anche davanti la bambino. Ci pensava la nonna a portate il bambino fuori nel parco, affinché non sentisse». Marco esce di casa. «Era intestata a lui, lui pagava l’affitto, si è stabilito momentaneamente dalla madre». Anche Maria deve lasciare l’appartamento. Con il figlio si trasferisce in campagna dai suoi. Marco si rifà una vita. «Nel 2016, veniamo a conoscenza della querela per stalking — prosegue l’avvocato Gigliotti — ma da quando si sono lasciati, lei in più occasioni lo aveva minacciato che lo avrebbe fatto saltare per aria. Gli diceva che lei aveva agganci nelle forze dell’ordine. ‘Ti rovinerò’. Era gelosa e furibonda, perché lui frequentava un’altra donna, alla quale si era legato stabilmente, ma non convivevano ancora. Anche lei, giustamente, ha cercato di rifarsi una vita». E l'avvocato rimarca: «Non c'è stato alcun tipo di persecuzione, di atteggiamento morboso, di mancata rassegnazione alla fine di una relazione da parte del mio assistito. Semmai, è la signora che, nel momento in cui ha realizzato che non c’era più nulla da fare per recuperare questo rapporto, partendo da un episodio, lo ha poi ricostruito, elaborato a proprio favore».
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