L'ANALISI
CREMONA
06 Dicembre 2020 - 19:45
CREMONA (6 dicembre 2020) - La sentenza del Tar della Lombardia — che ha annullato la delibera regionale di riconversione della Terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Rho in reparto sub intensivo — «verosimilmente non cambierà la situazione di Cremona, poiché non entra nel merito della decisione bensì del mancato confronto con le autorità locali. Tuttavia, la sentenza apre a possibili cambiamenti e revisione di scelte anche sulla Utin, come anche i sindaci avevano chiesto. Il sasso nello stagno in qualche modo è stato lanciato e vorremmo che nascesse la speranza di apertura di un dialogo, di un dibattito cittadino con la partecipazione della comunità medica sulla stesura di un progetto di sanità ospedaliera e territoriale che possa realizzarsi anche nella prospettiva di un nuovo ospedale nella nostra città».
La sentenza [leggi]
In una nota diffusa dal presidente Gianfranco Lima, l’Ordine Provinciale dei Medici sollecita una svolta nella vicenda dell’ex terapia intensiva neonatale dell’Ospedale di Cremona, declassata dal Pirellone proprio come quella di Rho; da dove, però - a differenza di quanto accaduto a Cremona - era partito un ricorso poi accolto dal Tar. «Ricordiamo, a novembre 2019, le dichiarazioni dell’assessore Giulio Gallera nei confronti dell’Unità di Neonatologia e Patologia Neonatale con annessa Terapia Intensiva del nostro ospedale — sottolinea l’Ordine —. Erano fortemente critiche rispetto a una struttura, e di conseguenza ad un’équipe, che da anni si distingueva per professionalità qualificata ed abnegazione verso i piccoli neonati e le loro famiglie. Venivano condotte valutazioni non approfondite del problema clinico della prematurità neonatale, quale l’appropriatezza della definizione di nato a termine, nato pretermine, peso alla nascita. Il documento regionale si rifaceva a numeri di prestazioni nazionali per rispettare il criterio di mantenimento dell’apertura dell’Utin a Cremona, valori limite che non erano tutti rispettati da altre strutture considerate idonee in Lombardia. L’Unità di Cremona presentava dati di attività consolidati nel tempo, ovvero circa 1.100 nati inborn (in ospedali di 3° livello) all’anno con 100 prematuri, di cui circa 15 all’anno (l’1.5% delle nascite totali) prematuri di peso molto basso (meno di 1.500 grammi) ed estremamente basso (meno di 1.000 grammi). Gli indicatori in termini di mortalità erano da anni in linea, e talora migliori, rispetto ai dati nazionali ed europei. Da molti anni la nostra Neonatologia partecipa a istituzioni internazionali indipendenti per il miglioramento dell’assistenza, con un aggiornamento costante. Il numero di nati outborn (in ospedali di 1° o 2° livello) trasferiti da fuori provincia verso Cremona era superiore al numero di neonati trasferiti da Cremona verso altri centri, come avviene per altre Tin lombarde prive di chirurgia pediatrica o cardiochirurgia. Veniva ribadito in quell'occasione che era stato formato personale sanitario specificamente per garantire appropriatezza di cura, la cui competenza sarebbe stata persa. I criteri di valutazioni avrebbero dovuto in primo luogo considerare che sarebbe stata chiusa l’unica Unità Tin della provincia, e avrebbero dovuto tener conto del parere contrario delle autorità locali, che consideravano la densità abitativa della città e della provincia e le trasformazioni sociali in corso. Le decisioni della Regione avevano determinato una presa di posizione netta della cittadinanza a difesa del mantenimento in attività della Tin. Ad un anno dalla trasformazione in Unità sub intensiva le nascite, e contestualmente il numero di gravidanze a rischio presso il nostro Centro, è in calo; ciò é verosimilmente dovuto alla denatalità nazionale ed all’emergenza Covid-19, ma anche alla scelta delle gravide di rivolgersi ad altri presidi. I trasferimenti verso Brescia nel 2020 hanno riguardato 5 nati a termine, per i quali ci sarebbe stata la possibilità di prestare le cure in sicurezza a Cremona. Ciascuno di loro ha fatto un viaggio a Brescia ed è rientrato dopo pochissimi giorni per proseguire la degenza».
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