L'ANALISI
04 Luglio 2020 - 07:58
SAN PAOLO (4 luglio 2020) - Avrebbe voluto fare l’ingegnere delle telecomunicazioni, Marco Vitale di Sesto. Ma il destino (o meglio, la Provvidenza) ha scritto un altro futuro per lui: con la laurea in tasca, nel 1998 a Torino ha conosciuto quel capolavoro di umanità fondato da Ernesto Olivero che si chiama Fraternità della Speranza- Sermig. Così da quindici anni, ormai, vive a San Paolo in Brasile, dove con tanti altri giovani folgorati dalla missione dell’attivista-scrittore combatte tanti nemici della dignità umana. Da una manciata di mesi ne ha uno ancora più subdolo da vincere: il Covid-19, che sta piegando il Paese sudamericano riempiendo i suoi ospedali ma soprattutto i suoi cimiteri. «La nostra grande casa – esordisce il 47enne – si chiama l’Arsenale della Speranza, in passato accoglieva numerose persone che arrivavano dall’Europa, compreso il milione di italiani che fuggivano dalla povertà e restavano qui in quarantena per poi essere mandati a lavorare nelle piantagioni di caffè al posto degli schiavi. Abbiamo trasformato l’ospiteria in un punto di ristoro per 1.200 uomini che hanno solo un pezzo di cartone su cui sedersi e passare la giornata sulle strade di San Paolo». Continua Marco: «Abbiamo scelto noi di diventare casa per tutti quelli che non hanno casa e così abbiamo deciso di trasformare l’Arsenale della Speranza in una quarentena, 24 ore su 24. Anche se alcune autoritá governative sostengono che non é nulla, quelle sanitaire confermano che questa é una minaccia per la vita e dunque, la cosa migliore da fare é rimanere in casa. Siamo diventati, forse, la quarantena piú grande del Sud America: una casa per 1.200 uomini che dal 23 di marzo hanno cominciato a vivere con noi giorno e notte, senza mai uscire dall’Arsenale».
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