L'ANALISI
31 Maggio 2020 - 08:58
Giacomo Moncini
PIZZIGHETTONE (31 maggio 2020) - Si commuove quando ripensa a quella prima telefonata dopo settimane di buio totale: l’ha fatta con gli occhi lucidi e un filo di voce alla figlia, che ora non vede l’ora di rivedere. Giacomo Moncini, 56enne presidente della sezione locale della Croce Rossa con sede a Roggione, è stato fra i primi pizzighettonesi ad essere ricoverato in gravi condizioni a causa del Covid-19. Era l’inizio di marzo e da allora sono passati quasi tre mesi, di cui più di uno trascorso in terapia intensiva. Il suo lungo incubo non terminerà prima della fine di giugno, perché gli hanno detto che per la riabilitazione ci vorranno ancora alcune settimane di ricovero. Ma intanto ha la forza di raccontare. Perché, sottolinea, lui ha la fortuna di poterlo fare: «Quando ho iniziato a stare male l’emergenza era agli inizi e ricordo che in televisione tutti ripetevano di non andare al Pronto soccorso. Ho chiamato il medico, che prima mi ha detto di prendere la tachipirina e poi mi ha dato l’antibiotico. Ma stavo sempre peggio e la febbre non scendeva. Alla fine ho chiamato il 118».
Da lì i ricordi di Moncini sono prima annebbiati e poi assenti: «Stavo talmente male che ho memoria solo della barella, dopo è arrivato il buio. Mi sono risvegliato a metà aprile, in terapia intensiva. Con i tubi in gola che mi impedivano di parlare. Sono stato trasferito in Pneumologia ma sono rimasto attaccato a macchinari, intubato e sotto ossigeno. Lì però avevo gli occhi aperti e il tempo sembrava non passare mai».
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