L'ANALISI
12 Aprile 2020 - 09:07
CREMONA (12 aprile 2020) - Al capezzale dei pazienti e al fianco dei medici ci sono loro: gli infermieri. Hanno attraversato il purgatorio e ancora si muovono lì, fra turni massacranti e notti infinite nel loro portare conforto, un sorso d’acqua e una carezza. Hanno visto l’inferno in reparti che non riconoscevano più come casa loro e hanno assaggiato briciole di paradiso ogni volta che un malato si risvegliava e se ne andava salutandoli. Gli infermieri, come i medici, hanno dovuto abbandonare le proprie specialità, cambiare le proprie mansioni, lasciando il certo per l’incerto in una manciata di ore, quando una dopo l’altra le unità operative sono state trasformate in corsie Covid. «E’ stato un lavoro di riorganizzazione enorme — spiega Nadia Poli, responsabile della Direzione Assistenziale Professioni Sanitarie (Daps) dell’Asst Cremona — e un impegno gravoso per ogni singolo operatore sanitario, dagli infermieri, ai fisioterapisti agli assistenti sanitari sui quali è pesata la grande attività di riabilitazione dei malati Covid, ai quali occorre insegnare nuovamente a respirare». Un esercito di 1.500 operatori, tra Ospedale Maggiore e Oglio Po, che è stato costretto a reinventarsi.
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